Illusioni Ottiche, La Mini-Guida Completa 4/5

Indice

    • La Lettura
    • Figure Impossibili
    • Triangolo di Penrose
    • M. C. Escher
    • La Scala di Penrose
    • Tribar
    • Il Cubo di Necker
    • Coppa-Profili di Rubin
      • focalizziamo bene 4-5 caratteri alla volta e quelli ai lati ci risultano sfocati. Un tempo si pensava che durante la lettura l’occhio atterrasse su ogni parola, ma si è scoperto che non è così: il punto in cui lo sguardo si ferma è quasi sempre casuale. Anche se vediamo meglio al centro del campo visivo la nostra vista è abbastanza buona da cogliere anche quello che sta ai lati e per questo bastano poche lettere per capire di che parola si tratta!
      • Una ricerca ha dimostrato che la direzione dello sguardo di chi sta per affrontare una curva coincide con la direzione che le ruote devono prendere per completarla correttamente. I guidatori cercano un punto sul ciglio della strada (a sinistra se la curva è a sinistra e viceversa) già un paio di secondi prima di girare il volante per poi muoverlo in modo che le ruote siano parallele alla linea immaginaria che va dal punto che stanno osservando al muso dell’auto.

La Lettura

Gli occhi di chi è intento alla lettura si muovono a balzi spostandosi verso destra di 7-9 caratteri per volta e poi tornano bruscamente indietro all’inizio della riga successiva. Per quale motivo?

Perché noi leggiamo secondo questo schema:

lettura

 

 

E quando si guida?

 

Figure Impossibili

La multidimensionalità o, meglio, l’ambiguità spaziale delle Figure Impossibili trova germe già nel Cubismo (Reutersvärd stesso era stato allievo di Léger e si dichiara seguace dell’ideologia postcubista) e, se si vuole retrocedere ancora nella comparazione delle immagini, si possono scoprire inattesi ed interessanti paralleli iconografici in varie epoche e culture. Le condizioni di trasgressione alla congruenza spaziale delle parti e di enantiodromia delle stesse costituiscono le peculiarità di due categorie fondamentali alle quali si possono assegnare, per genere, le figure impossibili.

Il tribar e le scale senza fine rientrano nella prima categoria; la loro ambiguità percettiva ed impossibilità è determinata difatti da una errata connessione delle parti (barre o scalini) che genera il paradosso visivo. Non è possibile in effetti derivare da questi modelli un oggetto tridimensionale se non ben differente, in sostanza, dall’immagine suggerita dal disegno.

Alla seconda categoria si ascrivono i cosiddetti open solids o solidi incompleti e, da questi derivate, le gradinate impossibili che, su due versanti di ipotetiche piramidi, generano accrescimento o riduzione disomogenei del numero degli scalini. Torsioni spaziali ed evanescenze li caratterizzano: in essi osserviamo alcune superfici solide trasformarsi in interspazi vuoti oppure mutare la propria condizione verticale in orizzontale mentre muoviamo l’attenzione dell’occhio da un capo all’altro del disegno.

Classico esempio ne è il cosiddetto forcone del diavolo (D.H. Schuster An ambiguous figure: a threestick clevis) che possiede ad una estremità della figura due aste e all’altra, sorpresa, tre.

Denominatore comune a tutte le Figure Impossibili è l’instabilità percettiva generata nell’osservatore. Parenti stretti delle classiche immagini reversibili (quali il cubo di Necker, la scala di Schröder, l’effetto figura sfondo di Rubin o la figura di Thiéry) e affini topologicamente alla banda di Möbius come alla bottiglia di Klein, non concedono mai una visione globale e coerente della figura nel suo insieme stimolando invece una serie di valutazioni spaziali reciprocamente e continuamente contrastanti. In questa sezione ve ne presentiamo alcune.

Triangolo di Penrose

Il triangolo nella figura 1 è stato ideato dal matematico Lionel Penrose e pubblicato per la prima volta nel 1958 sulle pagine del British Journal of Psychology. Questo triangolo deve l’aggettivo impossibile al fatto che osservando i suoi lati si ha l’impressione che uno venga verso di noi e uno sembri allontanarsi… studiando i suoi angoli ci accorgiamo che sono tutti e tre di 90°, cosa impossibile poichè sappiamo che la somma degli angoli interni di un triangolo deve dare 180°.

penrose
Figura 1

 

 

 

 

 

 

 

 

 

M. C. Escher

Maurits Cornelis Escher (1898-1972), uno degli artisti del ‘900 più conosciuti al mondo, si ispira alle illustrazioni contenute nell’articolo pubblicato da Penrose per realizzare la sua arte. Nel suo famoso quadro “Waterfall” (figura 2), Escher utilizza due triangoli impossibili collegati nella sua cascata per simulare un corso d’acqua che miracolosamente va dal basso in alto ed infine ricade su se stesso.

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Figura 2

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

La Scala di Penrose

La scala senza fine è un’altra figura paradossale nata da un’idea del matematico Lionel Penrose. Come si vede nel disegno originale (figura 3 e 4), la sua caratteristica è quella che percorrendo gli scalini che la compongono si può proseguire in un’infinita discesa o viceversa in una salita senza fine!

Il paradosso risulta evidente quando ci accorgiamo che effettivamente il gradino più basso della scala viene fatto coincidere visivamente con il più alto in modo da fornire un’impressione di discesa infinita. Quindi anche questa figura non può essere realizzata nella realtà, ma rimane solamente sulla carta.

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Figura 3

 

 

 

 

 

 

 

 

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Figura 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Tribar

L’illusione deriva dall’ambiguità delle linee disegnate: infatti esse possono essere contemporaneamente i lati del solido rappresentato nella parte sinistra della figura, ma anche il contorno esterno dei tre rebbi cilindrici del tridente disegnato nella parte destra. (figura 5). Nascondendo con la mano ora la parte sinistra, ora la parte destra dell’immagine, l’illusione scompare.

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Figura 5

 

 

 

 

 

 

Il Cubo di Necker

Il fondatore della cosiddetta Teoria delle catastrofi, René Thom, ha sottolineato come i concetti elaborati dalla mente umana e che permettono lo svolgimento dei relativi processi cognitivi sono simili a dei modelli matematici (vere e proprie mappe topologiche degli oggetti/processi rilevati dai nostri sistemi sensoriali). Tale teoria afferma che “nel pensiero, nel linguaggio e nella percezione si verificano costantemente cambiamenti qualitativi e discontinuità. Se si fissa attentamente” una delle illusioni ottiche più famose, il cubo di Necker, il passaggio da un modo di vederlo a un altro è discontinuo, non si può fermarlo a metà, non si riesce ad afferrare il circoletto in movimento dal centro di una faccia all’angolo dell’altra. Non è possibile prevedere come la figura apparirà di primo acchito, ma il ritorno dopo pochi secondi allo stato precedente è sempre lo stesso. Quando il meccanismo percettivo è all’opera, il cambiamento stesso è stabile: entrambe le interpretazioni visive sono coerenti, entrambe danno senso al modello”. Un fenomeno analogo si verifica di fronte all’immagine ambigua di Edgar Rubin (vedi in questa sezione).

cubocubo1

 

 

 

 

 

 

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Il cubo di Necker è una tipica figura reversibile, esso cioè può essere visto secondo due orientamenti: avendo indifferentemente in primo piano la faccia A B C D o la faccia E F G H

Coppa-Profili di Rubin

rubin1Di fronte all’immagine ambigua di Edgar Rubin, la figura coppa-profili le due distinte immagini più facilmente rilevabili (la coppa o l’insieme dei due profili) non sono percepibili contemporaneamente: esse sono alternabili in modo repentino, ma non possiamo vederle nello stesso momento. I due punti di equilibrio instabile costituiscono due “punti di singolarità” (come definiti da René Thom) a cui far approdare il nostro processo di percezione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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