La Terapia Fotodinamica nella Degenerazione Maculare Senile

La degenerazione maculare senile, alterazione funzionale della macula, costituisce la principale causa di ipovisione (perdita severa ed irreparabile della vista) nei Paesi occidentali dopo i 75 anni di età: ne risulta colpito un soggetto se tre. Col progressivo invecchiamento della popolazione tale prevalenza acquisterà risvolti drammatici.

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La degenerazione maculare senile può assumere due forme:

  • forma secca o atrofica
  • forma umida o essudativa

La forma secca è certamente la più comune, colpendo circa il 10% della popolazione con più di 60 anni, ha un’evoluzione lenta e non prevedibile nei tempi (la riduzione del visus varia da caso a caso) ed è caratterizzata da atrofia più o meno estesa dell’epitelio pigmentato e da drusen (depositi essudativi).

La forma umida, più rara (colpisce circa il 2% della popolazione oltre i 60 anni), ma più grave, ha un andamento rapido e progressivo ed è caratterizzata da una neovascolarizzazione coroideale che interessa l’epitelio pigmentato e la neuroretina.

Attualmente non vi sono strategie preventive sicure a causa della scarsa conoscenza della causa della malattia; certamente esiste una componente genetica, ma il tipo e il numero dei geni coinvolti risultano difficili da definire, anche per il fatto che si tratta di una malattia ad insorgenza senile. Alcuni studiosi hanno rilevato l’importanza del ruolo dei radicali liberi nell’evoluzione della degenerazione maculare senile, e consigliano quindi, in forma di prevenzione, una terapia antiossidante a base di vitamine A, C ed E.

Attualmente la forma secca non è trattabile, mentre per quella umida esistono alcuni tipi di intervento. I farmaci antiangigenici sono sostanze farmacologiche che attaccano selettivamente i vasi in proliferazione senza intaccare il tessuto fisiologico. Per il momento i risultati non sono confortanti a causa della sproporzione esistente nel rapporto benefici/effetti collaterali, ma i ricercatori continuano a sperimentare questa strada ed è probabile che in futuro verranno conseguiti risultati migliori.

La radioterapia, che usata a bassi livelli non dà effetti collaterali, agisce sulle cellule endoteliali vascolari riducendone la proliferazione e l’evoluzione della malattia. La laserterapia si è dimostrata utile nel ridurre la perdita visiva centrale a lungo termine dovuta ad alcune forme di neovascolarizzazione. Solo una piccola parte dei pazienti può, però, essere trattata con il laser (solo quando la membrana è extrafoveale o juxafoveale; in presenza di membrane sottofoveali, solo se la lesione è molto piccola e circoscritta); inoltre più della metà dei pazienti sottoposti all’intervento laser presentano recidive entro tre anni.
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La rimozione chirurgica della membrana presenta alcuni vantaggi rispetto alla laserterapia in quanto danneggia meno i tessuti circostanti. Il rischio di recidiva, però, permane, al quale si aggiunge quello di insorgenza di cataratta e di distacco di retina; il recupero funzionale richiede buone condizioni della retina circostante.

Dal mondo della ricerca giungono oggi notizie molto confortanti su nuove e rivoluzionarie possibilità terapeutiche: la terapia fotodinamica con verteporfina potrebbe significare una svolta nella terapia della degenerazione maculare senile di tipo umido. Si tratta però di un trattamento complesso che richiede personale altamente specializzato, adeguate strutture di riferimento e soprattutto costi economici elevati.

Scopo della terapia fotodinamica, già ampiamente studiata ed utilizzata nel campo dell’oncologia per il trattamento dei tumori dermatologici, è quello di distruggere la membrana neovascolare maculare attraverso l’iniezione endovenosa di una sostanza farmacologica fotosensitiva che viene attivata mediante trattamento laser.

La Verteporfina, il farmaco fotosensitivo utilizzato nella terapia fotodinamica, svolge una potente azione citotossica, legata all’induzione di una trombos intraluminale con conseguente eliminazione di apporto sanguigno al tessuto patologico. Essa si accumula selettivamente nelle cellule endoteliali dei neovasi. La sua attivazione avviene con l’applicazione di un raggio laser sulle aree da trattare, di lunghezza d’onda pari al picco di assorbimento della sostanza stessa.

Il raggio laser utilizzato non è ad azione termica e di conseguenza non provoca danni alla retina sovrastante. La verteporfina è oggi in fase di sperimentazione per occludere selettivamente i neovasi nella degenerazione maculare senile. La sicurezza, l’efficacia e la selettività di questa terapia sono state dimostrate attraverso studi sperimentali aventi lo scopo di rilevare la dose ottimale di verteporfina, il tempo di irraggiamento e la lunghezza d’onda del raggio laser nel bloccare la diffusione della fluorescina e quindi distruggere i neovasi. I risultati sono stati incoraggianti.

Per le potenzialità di successo che racchiude, la terapia fotodinamica con verteporfina rappresenta certamente un grande passo in avanti nel tentativo di preservare ed eventualmente potenziare il residuo visivo nei pazienti affetti da degenerazione maculare senile di tipo umido; tutto ciò in attesa del recupero della funzione visiva (trapianto dell’epitelio pigmentato), se gli attuali esperimenti condotti su animali potranno avere un’attuazione clinica.