Occhio alle Scarpe – 26

Le scarpe, più che calzature, le intendo come metafora del cammino della vita.

La scelta della grandezza della scarpa, fatta da noi, varia a seconda della libertà di movimento che vogliamo permettere al piede. La scarpa rappresenta la scelta o le scelte che compiamo nella vita, piccole o grandi scelte. La scarpa rappresenta la concretizzazione delle nostre scelte, le scelte di ogni istante della vita.

La scarpa protegge e nasconde il piede mentre il corpo si muove secondo la nostra volontà. Più la scelta è precisa, vale a dire che non prevede né ulteriori riflessioni, cambiamenti ripensamenti, più la scarpa è “giusta”; da giusta diventa piccola quando si decide, e si mette in pratica un proposito senza tenere conto della nostra incoerenza e possibilità di sbagliare.

Il piede siamo noi, la nostra persona, il nostro essere e agire, la nostra decisione, una misura e una forma che non dovrebbe essere diversa dal nostro io, il piede rappresenta il nostro bisogno di realizzazione.

Scarpe ce n’è di tutti i tipi: ciabatte e sandali, scarpe per passeggiare e per correre, scarpe modeste ed eleganti, scarpe di pelle o di plastica, scarpe per camminare sulla neve o per passeggiare nelle calde giornate estive.

Oggi capita spesso di portare scarpe larghe, molto larghe a volte larghissime. Già, il vantaggio di avere scarpe larghe è che il piede si può sistemare dove vuole, non è costretto a limitazioni di movimento, può cambiare posizione e direzione in ogni istante.

La scarpa larga, un po’ larga si definisce comoda e la comodità è il massimo della soddisfazione delle esigenze di comfort dei nostri piedi. In effetti la scarpa stretta da dolori talmente forti da rendere il cammino denso di tormento.
La scarpa larga rappresenta la paura di scegliere un preciso orientamento nella vita che sia di lunga durata: “… e se poi cambio idea e mi va di andare in un’altra direzione?” avere le scarpe larghe permette al piede orientamenti mutabili.

Noto che nel nostro interloquire un intercalare che è molto in uso è: “non so”; molto spazio è dato, nelle nostre scelte, a quel termine, anch’esso molto in voga, che è “sperimentare”, già, oggi si sperimenta, non si finisce mai di sperimentare, oggi si deve sperimentare tutto. E già, perché, se non si è sperimentato tutto, come si fa a dire preferisco questo?

A forza di non sapere e di sperimentare, e vai con l’incertezza, ecco che le scarpe, nel tempo, diventano larghissime (delle barche si suol dire, molto adatte alla navigazione in mare aperto ma poco al cammino su strada).

Le scarpe larghe, però, non portano solo il vantaggio della libertà di cambiare orientamento; vi sono anche controindicazioni o risvolti negativi, i principali sono: distorsioni, anche gravi (sono quelle inversioni brusche di direzione che portano forti traumi alle articolazioni e perdita di equilibrio: impossibile stare in piedi) con conseguenti cadute e vesciche dovute a sfregamenti ripetuti causa la poca aderenza della scarpa al piede e altri inconvenienti…

La scarpa larga ha anche un difetto: scappa: la scarpa scappa, il piede va da una parte e la scarpa dall’altra, inevitabile: il piede rincorre la scarpa per riportarla al suo posto, vale a dire attorno al piede (è la rappresentazione dell’imponderabile), questo succede quando, volendo andare in una certa direzione, la vita ci porta altrove.

Il caso della scarpa che scappa rappresenta l’inconveniente più insidioso, nei casi più fortunati ci si accorge di non avere più la scarpa al piede subito o quasi subito, pochi passi scalzi e i pezzi tornano assieme.

Nei casi peggiori, succede che ci si accorga della mancanza della scarpa solo dopo che si è percorsa tanta strada. La scarpa larga si sente poco al piede quindi, se non si presta l’occhio ad osservare le estremità inferiori, può succedere di camminare a lungo senza accorgersi di essere senza scalzi, senza scarpa.

Il recupero della scarpa può essere, in questi casi, molto difficile e, a volte, persino impossibile: chissà dove è finita, forse un altro viandante le ha dato un calcio facendola finire in un fosso, oppure un mezzo le è passato sopra distruggendola, qualcuno vedendola semidistrutta l’ha buttata via, un poveraccio scalzo l’ha fatta sua (nel piano della metafora significa aver perso la propria vita e consegnata ad un altro, senza sapere di chi si tratta, essendo questa una decisione spesso priva di consapevolezza concreta, direi che rappresenta l’evenienza peggiore che ci possa capitare)

Se la scarpa scappa d’inverno il gelo ci tira la giacca lanciando immediatamente l’allarme e il problema è risolto in un attimo; ma se succede d’estate? L’inverno è il momento in cui si particolarmente attenti a dove si mettono i piedi: pioggia, neve e ghiaccio rendono pericoloso il cammino. Date le temperature rigide se perdo la scarpa me ne accorgo subito.

L’inverno sono le avversità più o meno importanti, queste richiamano l’attenzione, sollecitano l’impegno. Ogni passo è ponderato, misurato, calibrato; l’occhio è fisso alla strada e la mente non è mai distratta

L’estate invece è il momento della spensieratezza, della distrazione, si potrebbe dire della rilassatezza, del relax, se perdi la scarpa in quelle circostanze, che possono durare anche anni, non è un problema, difficile poi è il ritrovarla, ritrovare l’unità tra se e la propria vita. A volte per non rimenre scalzi si prende la scarpa di un altro (vedi sopra)

Ci sono persone che amano camminare scalze, persone che amano un frainteso senso della libertà, persone che non si preoccupano di quale direzione dare alla loro vita. Quest’atteggiamento però non a tutti è possibile.

Scalzo può camminare chi vive a latitudini adeguate, chi percorre lunghissime sabbiose spiagge; oppure chi non esce mai di casa. Camminare scalzi da la sensazione, l’illusione di vivere in assenza di vincoli. Scalzo è chi decide consapevolmente di non decidere.

Se la scarpa è stretta si costringe il piede ad andare dove si è certi di dover andare; scelta a volte prematura, che sconfina nello stoicismo, composta al 100% di testa e 0% di cuore (miscelare cuore e testa potrebbe essere contenuto di un prossimo articolo); il “non so” è sostituito da: “so, sono certo, sicurissimamente, inutile discutere, inutile fare verifiche”, oppure: “parliamone pure tanto è così!”

I piedi dolgono da subito ma si deve resistere perché si è deciso, cambiare scarpa non se ne parla nemmeno; si tratterebbe di compiere una profonda riflessione e ammettere di aver sbagliato.
In questo caso i conseguenti possibili ripensamenti sono assolutamente impossibili, il ragionamento è già stato fatto, ora è il momento di passare ai fatti, all’azione.

In tutta questa riflessione si potrebbe pensare che il piede sia una cosa e la scarpa un’altra, oppure si potrebbe dedurre che il piede (noi) si debba adattare ad una scarpa  non costruita su misura nostra (la vita), scarpa come entità esistente a prescindere della nostra individualità.

Vista la legittimità di queste obiezioni mi tocca accennare una risposta.
È il piede che costruisce la scarpa nel tempo, le fasi sono quelle della nostra crescita sia fisica che morale, diciamo del divenire della nostra esistenza.

Alcuni nel camminare le scarpe le “sfondano”, altri usano le scarpe per anni e non le consumano: sembrano nuove. Alcuni consumano il lato interno del calcagno, altri quello esterno. Vi sono poi alcuni che camminano trascinando le scarpe consumando tutta la suola.

Altri ancora che camminano dando calci a tutto quello che incontrano: povere scarpe. Poi ci sono quelli che stanno attenti a dove mettono i piedi mentre altri vanno dritti incuranti di quello che pestano!

Molti non pensano mai di doverle pulire le scarpe, altri hanno le scarpe lucide e i piedi puzzolenti.
Poi ci sono i piedi delicati, molto delicati, che si irritano non appena li infili in qualsivoglia calzatura e ci sono quelli che si infilano le prime scarpe che trovano, a volte nemmeno tutte e due dello stesso tipo, e partono non si sa per dove.

Una galassia di vite. Potrei finire col dire che le scarpe ce le facciamo noi, ma non siamo noi a decidere colore e materiali: la vita ci da la materia a noi il compito di realizzare la forma, e il compito è da assolvere anche se il materiale non è proprio di nostro gusto.

Se lavoriamo bene possiamo essere certi che saremo in grado di calzare una scarpa perfetta: la nostra gioia. Nessuno mai ci farà le scarpe, mai vivremo con il piede in due scarpe!