Un pugno con nocca esposta, calato con forza e ripetutamente sulla fronte del paziente” durante un intervento agli occhi. Gli addetti ai lavori lo chiamano ‘nocchino’, una sorta di ‘sedazione meccanica’ alla quale alcuni ricorrono quando il collirio anestetico non basta a immobilizzare la parte da operare.
“Barbari comportamenti” che “lo Stato legittima pur di risparmiare”, denuncia il presidente della Società oftalmologica italiana (Soi), Matteo Piovella. “I pesanti tagli lineari apportati in sanità stanno creando molte situazioni illegittime”, afferma: “Oggi, negli ospedali italiani, sempre più spesso la chirurgia oculistica” che riguarda 700 mila connazionali l’anno “si effettua senza rispettare l’obbligo della presenza di un medico anestesista e della necessaria assunzione in carico del paziente da parte dello stesso”.
“Questi interventi – chiarisce Piovella all’AdnKronos Salute – si effettuano utilizzando un anestetico topico, alcune gocce di collirio che agiscono in superficie. Perché l’operazione non fallisca, però, abbiamo anche l’esigenza che il paziente non muova assolutamente l’occhio.
Ma in alcuni casi, o perché si tratta di una persona che già per natura fatica a controllare questo movimento, oppure a causa della tensione dell’intervento, unita al fastidio per la luce molto intensa con cui illuminiamo il campo operatorio, il paziente non riesce a tenere l’occhio fermo e l’anestesista diventa indispensabile per sedarlo in sicurezza”.
“A volte poi – prosegue – bisogna agire sui tessuti più in profondità, e anche in questa eventualità l’effetto superficiale del collirio non basta e deve intervenire l’anestesista. Quando non c’è, e il paziente non riesce a tenere fermo l’occhio, il medico è comunque costretto a fargli riprendere il controllo. Gli si parla e lo si invita a non muoversi, ma in casi estremi purtroppo alcuni ricorrono al ‘nocchino’”. Senza anestesista, avverte Piovella, “l’intervento di cataratta che per i cittadini era vissuto come molto sicuro e ‘garantito’ non potrà che ridurre drasticamente i risultati positivi apprezzati da tutti.
Oggi – protesta lo specialista – i 700.000 italiani che ogni anno si operano agli occhi rischiano di più: maggiori probabilità di complicazioni oculari fino alla perdita della vista, associate all’impossibilità di prevenire gli eventi avversi capaci di mettere a rischio la vita stessa del paziente”. “Questa situazione è stata determinata da chi, in qualità di esperto responsabile per i tagli del ministero – incalza il numero uno della Soi – ha ridotto o eliminato i requisiti clinici indispensabili alla chirurgia oculistica, sacrificandoli nelle riduzioni organizzative in ragione di priorità economiche”.
“Pur essendo la chirurgia oftalmica egualmente importante e complessa – spiega Piovella – con il passaggio al regime ambulatoriale si è drasticamente ridotto il relativo sostegno economico. Per tali ragioni, si è irrazionalmente deciso di tagliare sui costi dell’anestesista e di contribuire a far retribuire la chirurgia della cataratta più o meno riconoscendo lo stesso importo necessario per acquistare un occhiale da sole di marca. Stiamo parlando dell’intervento ad alta tecnologia più eseguito nel nostro Paese (550.000 operazioni all’anno)”, precisa l’oftalmologo, e “chiaramente in questo misero importo vengono ricomprese tutte le spese necessarie, inclusi i macchinari”.
Questo, quindi, “determina anche l’impossibilità per gli ospedali italiani di potersi aggiornare, seguendo i continui avanzamenti tecnologici che giorno dopo giorno stanno rivoluzionando il sistema dell’oculistica mondiale”.