L’Oculistica al Tempo dei Greci Antichi

La civiltà greca fu la prima sviluppare un vero e proprio pensiero filosofico e a porre quindi le basi di una lenta ma progressiva separazione delle scienze umane dalla dimensione magica e religiosa.
 
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Presso i Greci la medicina comincia davvero a poter essere chiamata scienza, per tre fondamentali motivi:

  • viene fondato il metodo dell’osservazione sistematica del paziente; basti pensare che l’origine etimologica della parola clinica è collegata ad un antico verbo greco che significa appunto «guardare, osservare»;
  • la diagnosi derivata dall’osservazione empirica, anziché dal contatto medianico o dall’ispirazione magica, porta a strategie d’intervento concrete in relazione alle diverse patologie; il concetto di intervento non è più solo chirurgico ma si abbozzano i primi tentativi terapeutici. A tal proposito ci pervenuta una vera e propria letteratura manualistica, faticosamente realizzata in anni e secoli di ipotesi, esperimenti reali o immaginari tentativi riusciti o falliti;
  • si pongono le basi di quella che in seguito verrà chiamata farmacologia, cioè lo studio di preparati per la cura delle malattie. 

La storia ci ha consegnato soprattutto un nome: Ippocrate, nato nel 460 a.C. e autore dell’enciclopedico Corpus, di cui sono rimasti famosi gli Aforismi e il Giuramento. Ippocrate considera le patologie oculari in stretta relazione a quelle di altri organi.

Anatomicamente l’occhio è descritto come l’insieme di due involucri concentrici al cui interno è custodito un liquido. Si accenna al collegamento tra cavità nasali e canali lacrimali e si parla genericamente anche di vene che vanno dall’occhio al cervello e attraverso cui scorrono i liquidi che permettono la visione.

Questa è il risultato della vibrazione delle particelle dell’aria, la quale produce radiazioni che passano attraverso la parte anteriore e trasparente dell’occhio. Gli ippocratici avevano anche intuito che la percezione dei colori cambia a seconda delle condizioni fisiche e ambientali; avevano studiato un metodo rudimentale di misurazione della vista con le dita e in fine avevano riconosciuto e descritto una lunga serie di patologie oculari quali congiuntiviti, blefariti, strabismo, abrasioni corneali, orzaiolo, pterigio, ectropion, ulcere, malattie delle ciglia, ecc.

Ad attrarre particolarmente l’attenzione degli studiosi della scuola ippocratica furono le alterazioni visive legate ai disturbi di tipo psichico o neurologico: terreno difficile, ancora ampiamente dominato da concezioni di tipo magico e superstizioso.

Nell’analizzare le cause della cecità gli ippocratici scoprirono il ruolo dei traumi cranici. Ciò che ancora non esiste nella scuola ippocratica sono le specializzazioni. A differenza di quanto viene testimoniato, ad esempio, dalle fonti egiziane, in Grecia non si parla mai di «oculisti», ma sempre e solo di «medici», perché il corpo umano veniva considerato un’unità organica ed armonica da studiare nel complesso delle sue relazioni.