Ipovisione: un Mondo Dimenticato per Lungo Tempo

Il termine Ipovisione è stato coniato nella seconda metà del XX secolo. Prima di questo periodo, la maggior parte dei professionisti medici e delle comunità della riabilitazione davano poca attenzione al problema. Questi trattavano coloro che erano danneggiati visivamente in termini bianco o nero: un paziente era vedente o cieco.

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Se qualcuno di loro aveva una visione residua, solitamente non era incoraggiato a “salvare” la vista. La teoria era che usando i due occhi, la vista sarebbe stata ulteriormente danneggiata. Queste tecniche “salva vista” furono largamente accettate dal 1913 al 1950.

Sebbene piccoli sforzi siano stati fatti in diversi casi per aiutare coloro che erano “parzialmente ciechi”, dovette passare una guerra mondiale per poter ottenere cambiamenti sostanziali.

Dopo la Seconda Guerra Mondiale, molti militari ottennero riferimenti di servizio per disabili. I veterani abilitati tornarono come forza lavoro nonostante un’incapacità parziale, e diedero una spinta notevole alla crescita nel campo dell’ipovisione.

Il primo grande aiuto per l’ipovisione fu compiuto nel 1953. La nostra comprensione delle necessità specifiche per i pazienti ipovedenti ha continuato ad aumentare e nel 1990 i servizi per l’ipovisione sono stati finalmente riconosciuti come una parte significativa nel trattamento del paziente.

La riabilitazione visiva fa parte della cura dei pazienti ipovedenti per lo più affetti da degenerazione maculare correlata all’età, malattia tra le principali cause della cecità. Questa malattia solitamente compare dopo i 50 anni di età in persone che non hanno avuto precedenti affezioni oculari.

Si può presentare in una forma di:

tipo atrofico, in cui vi è un’atrofia a livello dell’epitelio pigmentato della retina che può causare una grave riduzione dell’acuità visiva nel 5-10% dei casi;

tipo essudativo,
più grave in quanto si formano delle membrane neovascolari sotto l’epitelio pigmentato che nel 90% dei casi conducono alla perdita grave del visus.

Gli ausili ottici in commercio non consentono di ripristinare l’acuità visiva, ma di migliorare l’acuità visiva residua nello svolgimento delle normali attività quotidiane. Non c’è nulla di magico negli aiuti ottici per l’ipovisione: si tratta di semplici lenti di ingrandimento di vario potere, dimensione e stile.

Sistemi Ottici di Ingrandimento

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INGRANDITORI A MANO: sono rappresentati da una lente convessa circondata da plastica o metallo collegata a un manico. Alcune volte è presente anche una luce. Gli ingranditori a mano sono comunemente prescritti a pazienti ipovedenti. Sono facilmente disponibili in commercio e molti pazienti li provano per migliorare la lettura.

LENTI: queste forniscono un’immagine luminosa e di buona qualità. Sono sistemi ottici semplici, formati da lenti convergenti di potere elevato e breve distanza focale. In genere sono usate per la visione monoculare vista la ridotta distanza di osservazione. Alcune possono essere montate sugli occhiali.

TELESCOPI: sono sistemi ottici più complessi che consistono in due lenti separate da un tubo in metallo. I telescopi astronomici sono di tipo comune, ma l’immagine può essere vista a rovescio. I telescopi galileani permettono di vedere l’immagine dritta, quindi sono quelli maggiormente usati nel campo dell’ipovisione. Questi telescopi hanno una lente concava vicino agli occhi che si chiama oculare e una lente convessa vicino all’oggetto da vedere che si chiama obiettivo.

SISTEMI ELETTRONICI: Le televisioni a circuito chiuso (CCTV) sono utilizzate nella riabilitazione visiva. Queste sono composte da un monitor con una piccola videocamera agganciata sotto o installata internamente. Il materiale scritto può essere posto sotto la camera che filma e trasmette istantaneamente nel monitor in stampa larga. La dimensione della stampa è variabile e può essere ingrandita 2x anche se ingrandendo molto la dimensione si vedono pochi caratteri per volta. Man mano che aumenta la dimensione, diminuisce il campo visivo.

Vi sono altri dispositivi che permettono al paziente ipovedente di sfruttare al massimo la potenzialità visiva residua. Bisogna pertanto sensibilizzare i medici oculisti a non considerare la condizione visiva del paziente ipovedente come il risultato terminale di un grave danno funzionale, non più in grado di migliorare. Infatti alcuni specialisti non vanno oltre dato che con i mezzi clinici a loro disposizione non sono in grado di dare miglioramenti al paziente considerando non di loro competenza il ricorso alla riabilitazione visiva che oggi permette di migliorare le condizioni dell’ipovedente nei rapporti sociali, nella famiglia, nella scuola e nel lavoro.