Cellule Staminali in Oftalmologia

Rappresentano una grande speranza in oftalmologia. Consentono già di guarire alcune malattie dell’occhio che causano la perdita di funzionalità della superficie oculare compromettendo del tutto o parzialmente la capacità visiva.

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Stiamo parlando delle cellule staminali limbari, unità capaci di autorigenerarsi  che possono dare origine a  tessuti che sostituiscono quelli malati. Il limbus è una zona che si trova tra la congiuntiva e la cornea.  

Le cellule staminali limbari possono essere prelevate da un occhio indenne e innestate nell’occhio malato, dopo che è stato asportato il tessuto preesistente danneggiato. Le cellule staminali vengono impiegate per curare, per esempio, opacità della cornea in seguito a causticazione da calce, un evento traumatico che compromette anche seriamente la capacità visiva.

Oppure si rivelano utili in malattie come la cheratite erpetica nei suoi stadi più avanzati, oltre che  in infezioni varie come le limbiti e le blefarocongiuntiviti croniche.

L’intervento

Quando un solo occhio è danneggiato (come può succedere nell’ustione da calce), il trapianto si effettua sulla stessa persona: l’occhio sano è il donatore, l’occhio malato il ricevente. Con strumenti chirurgici di alta precisione viene prelevato un frammento di congiuntiva e di limbus.

Questo frammento di tessuto è ricco di cellule staminali che sono quindi applicate nella sede corretta dell’occhio malato, dopo che è stato asportato il tessuto danneggiato.A questo punto le cellule iniziano a moltiplicarsi, dando origine a una superficie nuova e sana, risolvendo i problemi di automantenimento e di autorinnovamento della superficie. In questo modo l’occhio, qualche mese dopo, è pronto a ricevere un cheratoplastica che restituisce capacità visiva all’occhio compromesso. L’intervento ha una durata di circa un’ora e si esegue in anestesia locale.

Chi dona e chi riceve 

Quando entrambi gli occhi sono malati si deve ricorrere ad una donazione di limbus da donatore vivente consanguineo oppure da una persona deceduta. In questi casi, però, si manifestano problemi di istocompatibilità e di rigetto. Il donatore consanguineo è più  istocompatibile, infatti un fratello può essere completamente identico nel 25 per cento dei casi.

Nei rapporti genitore-figlio e viceversa ci troviamo in un rapporto di uguaglianza a metà (aploidentità) nel 100 per cento dei casi. Se non è disponibile un donatore consanguineo si deve ricorrere ad un donatore deceduto con importanti problemi di istocompatibilità che vanno controllati con specifici farmaci immunosoppressori per periodi di tempo relativamente lunghi, spesso anche per qualche anno.

 

A cura della SOI www.soiweb.com