Punto di Osservazione

Faccio parte oramai da tre anni del progetto To & You che si occupa di volontariato culturale, in questo caso di accoglienza ai turisti. Ieri mattina ero di turno nel chiosco turistico in via Verdi, una bella costruzione di vetro finalmente illuminata dal sole di maggio, che diventa anche un punto di osservazione privilegiato.

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Io ho ribattezzato simpaticamente il chiosco “acquario” poiché ci si sente un pochino come pesci in un acquario appunto, da dove si guarda e si è guardati, allo stesso tempo immersi nella vita all’esterno e separati da un cristallo. Riflettevo proprio sul fatto di avere un punto di osservazione privilegiato, che mi consente di gustare ed apprezzare la vita che si svolge al di là del vetro e che diventa parte di me non appena riconosco le persone o queste entrano per domandare qualsiasi informazione.

Fidandosi proprio della trasparenza del luogo, che evidentemente contribuisce ad abbattere un po’ della diffidenza che fa parte di questi tempi. Poter vedere cosa c’è all’interno toglie la paura di una possibile sorpresa poco simpatica, permettendo di relazionarsi con l’altro in maniera molto più rilassata. In questo modo il sorriso arriva spontaneo non appena si mette piede all’interno e si riflette nello sguardo di chi lo accoglie; a questo punto ogni informazione o richiesta arriva in modo più sereno e soddisfacente.

Uno sguardo “sorridente” che si posa all’esterno diventa un buon biglietto da visita e convince anche quelli che sono ancora leggermente intimoriti. Il chiosco è un punto di osservazione che offre anche momenti di riposo per lo sguardo, quando l’affluenza è altissima ed i nostri occhi sono impegnati a scandagliare sia le guide che lo schermo del computer in cerca della risposta adatta, poterli alzare lasciandoli liberi di scorrere all’esterno per un po’ è un toccasana.

Diventa punto d’osservazione per il basso così come per l’alto, si osserva la strada ma, alzando appena gli occhi, lo sguardo è catturato dall’imponenza della Mole Antonelliana e scorre verso l’alto seguendo l’architettura della cupola fino alla sommità.

Si fa filosofico e profondo. Innesca il desiderio fisico di salire per trovare un altro punto di osservazione, non di critica, ma comparazione. Ed ecco che si prende l’ascensore e si sale fino al punto osservato dabbasso, si esce e si ammira lo spettacolo della corona di montagne, di colline, ci si riempie davvero gli occhi di meraviglia e di bellezza.

Poi si scende portando con sé questa visione e si ritorna ad osservare il basso. Con uno spirito diverso però, dato che abbiamo imparato a sollevare gli occhi per raggiungere un punto situato più in su.

Punto a cui ritorneremo ogni volta che ne sentiremo il bisogno, che ci ha insegnato ad osservare l’alternarsi della vita, mai statica, che ci regala l’occasione di salire, sempre.