Occhio alle Radici – 29

Tra uno spread e una nevicata; tra un aumento della benzina e la coda alla posta, tra una bolletta da pagare e la spesa da fare; tra una preoccupazione e l’altra, una fatica e, a volte, un dolore, passa il nostro tempo.

Giornate fatte di notizie: quelle cattive portano racconti di morte e di violenza, di povertà estrema, portano testimonianze di vite che si sviluppano nella miseria; quelle buone parlano di una vincita a un gioco di stato oppure, molto più raramente, la vittoria della nazionale.

Il primo interrogativo è: quale rapporto di importanza c’è tra la notizia, un avvenimento cattivo e uno buono? Gli aspetti esistenziali come possiamo affrontarli? La nostra crescita di persona, di quale alimento ha bisogno, e dove trovarlo?

Il giornalismo – inteso in senso ampio – è in grado di fare questa distinzione e di offrire proposte e suggerimenti?

Va bene che una cattiva notizia, per il giornalismo, è sempre una buona notizia; di conseguenza una buona notizia, essendo in pratica una cattiva notizia, non “buca”.

Ci si domanda: “si può vivere così?”
La nostra vita sono le nostre giornate, la situazione che viviamo nelle circostanze in cui noi viviamo; poi c’è la vita dei nostri simili, siano essi singoli, popoli, comunità; insiemi che sembra vivano con la stessa scomposta modalità.

Tempo di “sensazioni forti”: basse e alte temperature, soldi che svaniscono come svanisce la possibilità di avere un lavoro; politica accordata, uniformata alla stessa tonalità liquefatta. La musica della politica che è sempre la stessa; il problema affrontato, qualsiasi problema si affronti, porta sempre con sé l’elemento comune del denaro.

Ci vuole denaro: tanto denaro, non si può fare nulla sia di semplice che di importante senza denaro.

Il mio denaro che non sta solo nelle mie tasche ma anche nelle tasche di altri che lo usano, che dovrebbero usarlo anche per me e a vantaggio di tutti.

Non c’è altro, sembra che non ci sia altro, non si vede altro, non si riesce a vedere altro.

L’uomo si nutre di spettacoli teatrali che, a volte trattano di questioni impegnative; si nutre di cinema, a volte altrettanto impegnato; si nutre di mostre, di libri, di programmi televisivi.

L’uomo si nutre di cultura, eventi culturali… e la cultura che si perde conservando solo il titolo.

Tonnellate di cultura da cui non deriva la crescita: cultura sterile?

Cultura: coltivare, ma da quale seme? A quale pianta dà origine la cultura che viene proposta?

L’uomo immagazzina criteri e giudizi di uguaglianza e condivisione, immagazzina pagine di amore raccontato, immagazzina le tragedie del mondo

L’uomo immagazzina tante cose potenzialmente di enorme valore, ma il suo agire è sempre uguale.

Quando ha incontrato una situazione che lo ha colpito moltissimo, tornando a casa accende la TV e tutto riprende come prima. Quando la TV ci porta vite di uomini di grande peso se ne perde la memoria non appena si spegne l’apparecchio.

L’uomo parla e ascolta; parla prima e prova ad ascoltare dopo. L’uomo si nutre di quello che trova in superficie nel raggio di pochi centimetri dal proprio naso.

L’uomo è circondato da montagne di cibo per la pancia che ha come risultato l’alterazione del colesterolo e quello per la mente che ottiene un disorientamento esistenziale sempre più forte.

L’uomo si nutre come un albero, cresce con quello che trova accanto a sé ma quel terreno non è fertile a sufficienza, profondo a sufficienza, quindi incapace di accogliere e far crescere le sue radici forti e ramificate.

La vita dell’uomo somiglia a quello dell’albero: crescendo il suo fusto le sue radici vanno sviluppandosi affondando sempre più nel terreno.

Dell’albero di vede solo ciò che emerge dalla terra e si immagina, guardandolo, altrettanto volume di rami immerso nel terreno da cui trova alimento per crescere e rendersi forte e stabile tanto da affrontare vento, gelo, siccità.

L’uomo fa così tanta fatica a vivere; egli è talmente disorientato dalle proposte commerciali (anche quelle che non sembrano essere proposte commerciali, analizzate si scopre che lo sono) che non gli passa nemmeno per la mente di mettersi in cammino per cercare un terreno fertile, per le sue radici.

L’uomo infila le sue radici nel terreno che trova nella sua prossimità, inconsapevolmente accetta quel poco di terra, quel poco di concime, accetta molto meno nutrimento di quello necessario, per poter vivere e, più ancora, per poter crescere.

L’uomo è appesantito da troppo cibo di pessima qualità. Il corpo si affatica e nella mente c’è solo chiasso.

Famiglie con poco reddito, derivante da umili lavori, vivono nella semplice gioia.

Ricordo il mio passato, ognuno di noi può ricordare il proprio (se non è troppo giovane): fratelli, sorelle, zii, nipoti, nonni. Famiglie riunite senza confini di parentela; spazio libero per amici e vicini di casa.

Ora fratelli e sorelle, quando ci sono, sono scarsi; zii e nonni sempre più vecchi; vicini di casa con cui ci si scambia in prevalenza sospetto e diffidenza, l’uscio di casa socchiuso; amici pochi che condividono contenuti un po’ miseri.

Viviamo case quasi disabitate, cortili silenziosi ci riempiono di tranquilla tristezza, tristezza che nemmeno più percepiamo; un bambino che corre ha cento occhi addosso: quale rara visione.

Stranamente abbiamo meno tempo di prima; viviamo più a lungo, abbiamo pochi figli a cui badare e abbiamo poco tempo; dormiamo di meno e abbiamo sempre poco tempo: forse c’è qualcosa che non va.

Il tempo libero, poco o tanto che sia, è comunque nostro e come cambia l’uso di questo con l’avanzare degli anni?

Quel tempo negli alberi porta allo sviluppo e crescita di radici sempre più profonde:e robuste; cresce il fusto e, con la chioma dell’albero, cresce l’apparato radicale.

Sradicare un albero giovane è affare da poco, un albero maturo è solido, ben saldo alla terra, non lo si sradica affatto facilmente.

L’uomo sembra più saldo da giovane, l’uomo maturo lo si vede annaspare. L’uomo adulto si presenta come un albero dal fusto alto e nerboruto, un albero dalla folta chioma ma dalle poche ed esili radici.

L’uomo: una pianta instabile, neppure i passerotti si fidano di lui per costruire il loro nido, lui stesso non lo suggerirebbe come nido per una famiglia.

L’uomo adulto con il suo lavoro guida la sua vita e, a volte, anche quella di altri uomini, di molti altri uomini; l’uomo adulto si assume responsabilità, pone azioni che dovrebbero costruire la società.

Da quello che è l’esito visibile del lavoro dell’uomo adulto appare chiaro dove quell’uomo trova il suo alimento, in quale terra pone le sue radici
Cerchiamo cibo un po’ più in là, meno cibo e più strada; prendiamo le nostre radici e poniamole in un terreno adatto a sostenere la crescita di un albero che non crolli sotto le insidie della vita.

Sono certo che, radicandoci in un suolo ricco e profondo, qualcosa di veramente nuovo si potrà ammirare in noi e nel mondo.

Alberi, donne e uomini frondosi, ricchi e solidi, ricchi non di soldi, solidi non di muscoli comincino ad essere visibili e offrire riparo, ombra e casa a tutti senza distinzioni, senza costi.

Qualcosa di nostro che – finalmente – si possa avere senza pagare.