DiSturbiVisivi – 6 – Il Primo Giorno di Vita

Il primo giorno di vita: così dovremmo percepire la nostra vita tutte le mattine. Questo atteggiamento richiede coraggio, il coraggio della sincerità, il coraggio della verità. Si può partire solo da zero. L’avventura del bello può iniziare, ri-iniziare, solo da zero. Bisogna ammetterlo: la vita non può ricominciare da tre, può ricominciare solo da zero…

disturbi-visivi-6

Come dicevamo, il maestro va seguito sempre, anche quando non se ne capiscono immediatamente le indicazioni; abbiamo capito che invece di cercare la bellezza, quella che poi ci accorgiamo di consumare, abbiamo bisogno di qualcuno che ci faccia riconoscere quella vera. Avendo compreso che la bellezza a buon mercato dà soddisfazioni effimere, decidiamo di seguire con attenzione i passi di quella persona che ha attratto la nostra attenzione perché vera, autentica.

Il primo elemento che ci fa capire che quello che abbiamo incontrato merita l’appellativo di bello è che quel bello non solo non diminuisce mai, ma anzi cresce e aumenta il suo fascino sempre più. Il bello “da consumarsi preferibilmente entro…” non si può definire bello, ma soltanto gradevole. Ricordo che tanti anni fa per entrare in una grotta accesi una torcia a vento che si trovava al suo ingresso ad uso dei visitatori, quando cercai di spegnerla soffiandoci sopra questa anziché spegnersi ardeva ancora più forte.

La bellezza quando viene fatta oggetto di critica, di attacco anziché spegnersi, anziché estinguersi, esprime ancora più forte e vivace la sua bellezza: la bellezza è inestinguibile, la bellezza vera cresce sempre. La bellezza vera cresce sempre più bella, più forte e più viva; nonostante il cattivo uso che ne facciamo, nonostante le apparenze possano farla sembrare, in alcuni momenti, decadente.

Il secondo elemento che ci fa capire che la bellezza incontrata è vera bellezza è che è gratis, la bellezza non si può pagare; la bellezza vera al massimo la si può conquistare esattamente come si conquista una donna; tutti ormai sanno che nessun uomo conquista una donna nel senso letterale del termine ma ne è conquistato. Per essere precisi, dalla bellezza si può solo essere conquistati. Quando si incontra la bellezza si può solo dire: “Sì, desidero appartenere/partecipare di quella bellezza”.

Scopriamo in questo viaggio alla ricerca del bello, che soddisfa le esigenza del cuore, che c’è un bello che è per me e solo per me; per questa ragione, finalmente, iniziamo a sentire la necessità di cercare il vero “me stesso”. Abbiamo cominciato a intuire, a capire, che se non conosciamo profondamente la nostra natura, vediamo sì tante cose belle, ma solo genericamente belle, vediamo solo il bello per tutti, l’apparente bello. Eccolo lì il vero me stesso oltre quella porta, elemento di separazione o di marcata distinzione tra il mio me stesso e quello di tutti gli altri. Avevamo guardato al di là di quella porta e non avevamo visto niente, anzi avevamo visto il nulla; forse avevamo visto bene. Alla fine del nostro precedente incontro però avevamo notato qualcosa, non era il nulla assoluto qualcosa nel mio me stesso c’è.

Sta là il mio me stesso, ritirato in un angolino, mortificato, autocensurato, sconosciuto, nascosto. Nessuno aveva ritenuto che potesse avere un qualsivoglia valore e anch’io me ne ero persuaso. Al di là di quella porta una stanza, il luogo dove il mio me stesso abita, ha sempre abitato. La stanza è vuota, c’è solo il mio io-solo; nulla arreda quella stanza, non vi è alcun segno di vita attiva.

Io non vivo in quella stanza, non vivo di quella stanza; io sono un consumatore e qui non c’è nulla da consumare. Non posso vivere di quest’ambiente. Se vivessi nel/del mio me stesso mi troverei sempre meno bisognoso di consumare e gli altri mi eviterebbero; direbbero: “Guarda quel consumatore quanto poco consuma, ma chi si crede di essere?” Accade talvolta che quest’incontro tra il consumatore e il suo se stesso, non produca terrore ma indifferenza, avversione, disgusto, disconoscimento. Se riesci a non scappare subito alla vista di quel vuoto e di quell’entità minuscola e apparentemente insignificante, se riesci a rimanere fermo, in silenzio per un istante, sei quasi a buon punto.

Inizia lì il tratto più difficile dell’ascesa. Metti le gambe del tuo vero te stesso e barcolli; provi a parlare e non riesci a pronunciare neppure una sillaba che abbia senso; ridi a sproposito e, di cataratta, te ne vengono due per occhio. Vista annebbiata e udito che non ode più nulla, penserai: “Che bella idea ho avuto!”

In un attimo quel posto che ti eri conquistato in società svanisce. Tutta la fatica che hai fatto per sposare le idee più innovative, per essere il primo tra i buoni e tolleranti del pianeta, perde completamente la sua utilità. Gli esiti della fatica per trovare straordinariamente bello quel film della durata di 4 ore in bianco e nero di produzione orientale in lingua kazaka e sottotitoli in mongolo; il coraggio di concludere la giornata dichiarando com’è deliziosa la cenetta etnica dagli ingredienti preoccupantemente misteriosi, spariscono in un istante.

Quel posto di penultimo, ottenuto con sforzi disumani, nella graduatoria degli uomini di mondo, in un istante è spazzato via. Tutti lo sapevano, e già lo dicevano tra loro da tempo, che avresti fatto una brutta fine: “Prima o poi, vedrai, la sua vita avrà un triste epilogo!”, si diceva. Balbetti e zoppichi nella tua nuova veste di te stesso ma, improvvisamente un fascio di luce ti avvolge; un altro sbandato ti riconosce come suo simile e ti avvicina: non sei più solo a vivere l’avventura della vita.

Bisogna superare la tentazione di ricacciare nello stanzino il se stesso divenuto troppo ingombrante e gettare la chiave in un tombino; occorre diventare uomini che devono chiedere sempre, uomini che non devono mai stancarsi di chiedersi e di chiedere. Uomini che osservano – chiedono – sperimentano – sbagliano – osservano – chiedono – verificano e non sbagliano …

L’arte, è universalmente riconosciuta come espressione del bello. Il bello mutua un significato, un aspetto dell’esistenza. Tutti o quasi di fronte ad un opera di Michelangelo rimangono stupiti e riconoscono nella sua opera il frutto del genio della rappresentazione dell’armonia del percepire umano.

Tutti dicono bello, pochi ascoltano ciò che quella bellezza dice al proprio cuore, pochi cercano di conoscere la vera natura di quella bellezza, pochi portano con se quella bellezza, pochissimi riconoscono la loro vita cambiata da quella bellezza. Occorre cercare di dare forza alle gambe dell’uomo, rendere la bellezza unica, irripetibile, sempre nuova e attraente; occorre prendere rapporto stabile con la bellezza; occorre farsi compagni di vita di un maestro che è conoscitore sperimentato di cose belle.