DiSturbiVisivi – 14 – Everest: il Tutto nel Frammento

Hans Urs von Balthasar diceva, che: “il vecchio mondo non era capace di intendersi senza la bellezza disinteressata… dal moderno mondo degli interessi di oggi, la bellezza ha preso congedo in punta dei piedi”.

Si tratta di parole scritte molti anni fa; da tempo era percepibile, ma solo da alcuni, ciò che oggi appare evidente a tutti coloro che sono capaci di fermarsi e fare silenzio.

Assai acuto allora è dire che nel mondo degli interessi di oggi, molto spesso, alla bellezza disinteressata non è data che una parte di secondo piano; la cupidigia e la tristezza sono così diventate presenze stabili nella vita degli uomini.

Occorre recuperare la via della bellezza che ci conduce al “cogliere il tutto nel frammento e l’Infinito nel finito”. La bellezza oggi ferma essa stessa il cammino dell’uomo, la bellezza non ha da dire e dare altro che la sua forma; il gioco dei colori che fa leva su elementi psicologici che non consentono un’esperienza, ma stimolano una reazione emotiva limitata al momento del rapporto con la forma apparente.

Il vecchio mondo si intendeva nella bellezza disinteressata, i rapporti tra le persone meno impregnati di “interessi” erano capaci di relazione, ci si intendeva di più e con meno parole. Il nostro mondo, privo della bellezza disinteressata, è caratterizzato da enormi difficoltà di rapporto tra le persone in tutti i luoghi di riunione.

La famiglia è spesso in conflitto, gli ambienti di lavoro sono spessissimo conflittuali, le amicizie quasi sempre sono superficiali, i rapporti affettivi sono estremamente fragili… non ci si intende, non si riesce a vedere l’altro, ma si guarda l’altro cercando di capire se risponde, o no, ai nostri “interessi”.

La bellezza oggi difficilmente è strada di vita; siamo stati allontanati, isolati, separati tra noi uomini e anche dal nostro stesso io. Era necessario allo sviluppo del consumismo che l’uomo fosse privato della consapevolezza delle proprie vere esigenze.

La bellezza oggi è usata come una trappola; come carta moschicida; non so cosa di buono trovi la mosca nella carta sulla quale poi rimane drammaticamente appiccicata e dove troverà morte certa.

Noi, usando il massimo riguardo alla persona e alla sua libertà, ci siamo interessati alle dinamiche collettive che spingono gli uomini ad agire contro il loro vero interesse. Gli uomini sono portati a credere che il nemico sia sempre l’altro, che il nemico c’è sempre, ma difficilmente considerano che, prima dell’altro o del nemico, ci sono loro, ci siamo noi.

Desideriamo prendere l’abitudine di parlarci chiaro, obiettivo dell’essere franchi è che si realizzi uno spazio vuoto nella nostra mente e nel nostro cuore, che questo ambiente venga occupato interamente dalla riflessione onesta e sincera con noi stessi. Uno spazio di tempo nostro da trascorrere tra noi e noi.

Qui, nel silenzio del giorno, meglio ancora se è al suo inizio, possiamo guardarci dentro e chiederci se la fatica che stiamo per affrontare la viviamo per un motivo preciso; questo motivo può sembrare chiaro, ma forse, guardandolo attentamente, non lo è affatto.

Scandagliare nel profondo il bello nella nostra vita, che cerchiamo di realizzare è un lavoro che molti evitano, non si vogliono correre rischi per la propria autonomia esistenziale; non si vuole correre il rischio di essere costretti a cambiare radicalmente strada.

Per conservare quella che erroneamente abbiamo chiamato “libertà” ci siamo impadroniti del vocabolo “bellezza” e l’abbiamo appiccicato ad una nostra creazione che dimostra, a distanza di anni, tutta la sua inconsistenza.

Nel nostro luogo di silenzio dove la verità, pian piano, giorno dopo giorno, fa spazio alla bellezza che desideriamo (al di la della forma e del colore, dando l’importanza che merita alla materialità); un po’ alla volta finirà per non essere neppure lontanamente somigliante alla nostra creazione. Il nostro desiderio di vita ci sorprenderà perché, pur portando sempre lo stesso nome, avrà finalmente fascino e si arricchirà, istante dopo istante, del valore dato da un esperienza sempre coerente con il nostro bisogno.

Nel nostro spazio-tempo impareremo una forma di pensiero umano corretto; faremo pulizia di tutte le categorie e della logica di cui l’ambiente, e la “cultura” dominante ci ha contaminato per osmosi, e diventeremo, nella ricerca del bello, noi stessi portatori di bellezza unica e irripetibile.

Analizziamo la ragione delle nostre tristezze, delle nostre rabbie, delle nostre cattive relazioni; se il lavoro viene fatto nella verità, arriveremo ad essere consapevoli che per il novanta per cento sono assolutamente sciocchezze. Ci renderemo conto di aver fatto passi da gigante quando arriveremo ad essere consapevoli che per il novanta per cento ne siamo noi stessi la causa.

Vediamo con grande chiarezza la follia nella quale il nostro mondo occidentale vive; ci rendiamo conto che vive così è perché pensa così; l’uomo vive come pensa; l’uomo si affanna e spende tutte le sue energie per possedere una bellezza che è paragonabile alla carta moschicida, per l’occasione ribattezzata “carta omicida”.

Occorre iniziare un percorso di riabilitazione per le nostre gambe e, prima di tutto, per il nostro cuore; gambe da utilizzarsi non solo per andare dalla parte opposta a quella che conduce alla “carta omicida” ma per procedere, il più coerentemente possibile, seguendo le indicazioni che il nostro cuore ci dà.

La bellezza, mai disgiunta dalla verità, è ciò che infonde gioia nel nostro cuore: è quel frutto prezioso che resiste al logorio del tempo, che genera unità in noi stessi e crea la condizione ideale per la relazione con l’altro, con caratteristiche costanti di stabilità e di fascino.

Bellezza e verità, binomio inscindibile; non può essere bellezza in assenza di verità, e solo in questo atteggiamento di coraggiosa verità è possibile nutrirsi di bellezza e godere ogni aspetto dell’esistenza.

È assai chiaro ed evidente che senza bellezza e verità non è possibile la continuità del nostro tempo; non è possibile la gioia, la letizia e l’unità in noi stessi e con l’altro. In assenza di verità e bellezza la nostra vita non può che essere triste, sempre insoddisfatta, mutilata, senza che il dopo sia legato al prima.

Nel silenzio che ci concediamo, tutte le volte che riusciamo, riconosciamo l’esigenza non solo dell’unità in noi stessi, che è fatta di auto-accoglienza di tutto noi stessi a cominciare dagli aspetti che meno ci piacciono; riconosciamo anche l’esigenza dell’unità del nostro tempo: un istante legato a quello successivo nel cammino della vita.

La vita è fatica che vale la pena compiere per realizzare quell’ideale di bellezza che invade e pervade ogni aspetto dell’esistenza e, con maggior ricchezza, i rapporti umani che abbiamo identificato essere i più affini a noi. Sì che, per una vita così, vale la pena impegnare tutte le nostre energie.

Il silenzio è l’elemento necessario e indispensabile per recuperare la nostra meta esistenziale che va a sfocarsi fino a sparire sotto l’urto continuo di una mentalità solo apparentemente e pervasivamente dominante, incline ad amplificare il male, che ci presenta un bene senza radici e senza un fine concreto e stabile.

“Nel mondo degli interessi di oggi la bellezza ha preso congedo in punta dei piedi”, non ce ne siamo neppure accorti che la Bellezza non c’è più. Nel nostro mondo, mondo degli interessi che non contano niente, la bellezza è diventata un’automobile, una casa, un vestito, un TV nella versione cinema, una telecamera spaziale, un mobile dal , anche una persona dal fisico molto attraente.

Per essere bello occorre che vada in palestra (ed in effetti io ci vado), che dimostri di avere soldi, che racconti di viaggi nel mondo magari vedendo mostre d’arte di grande valore, che frequenti locali particolari; una bella auto è indispensabile; più cose dimostro di avere e più sarò classificato “interessante”.

Solo nel silenzio nostro personale, o condiviso con persone appassionate della vita, riusciamo ad evitare di essere intossicati dalla mentalità dominante che è dominante solo perché dispone di mezzi che veicolano immagini invadenti, che propongono valori taroccati; il silenzio può anche non essere assenza di parole ma fatto di dialoghi dove chi partecipa lo fa con un desiderio dotato di indomabile coraggio, disposto davvero a tutto pur di esprimersi nella verità.

Con la consapevolezza, fortificata dal rapporto con la bellezza nella verità, diveniamo capaci di riconoscere lo sfruttamento che avviene di tutte le risorse meravigliose del pianeta che portano vantaggio a pochi e che non di rado deturpano e devastano tutto lo splendore del nostro mondo.

Mi piace molto l’espressione: “cogliere il tutto nel frammento e l’Infinito nel finito”, mi dà il respiro grande dell’unità dell’io, dell’unità di me stesso; non c’è un particolare estraneo ad un altro e nessun particolare è privo di un’importanza che va al di là del particolare stesso fino a comprendere tutto di me.

Il frammento contiene l’infinito; il particolare o sta nel tutto oppure è estraneo alla vita; è l’elemento che distoglie dalla bellezza vera e guida su strade senza uscita: strade finite, strade che finiscono.

Un sorriso, una parola, un gesto, non sono elementi trascurabili ma comunicano quello che di vero c’è in noi; comunicano all’altro con assoluta chiarezza la consistenza della nostra persona, la verità con cui ci si esprime.

Il particolare di un sorriso, una parola, un gesto, sono in grado di comunicare, se in noi c’è, tutta la bellezza e potenza dell’amore vero che lo ha generato: non occorre altro per dire quanto bella e importante sia la vita.

Mi sembra facile capire questo pensiero, la vita non è fatta di tanti momenti separati tra loro e non è fatta di elementi superflui: tutto quello che riusciamo a percepire come vero è essenziale e tutto quello che è vero merita completa attenzione.

L’attenzione vera, sincera e libera, a quello che appare come vero, nel tempo, rende quel vero o una patacca da abbandonare subito oppure quel vero, davvero vero, aumenta sempre più il suo fascino diventando strada da percorrere nel tempo della nostra vita.

Chi, dalla bellezza, trae vantaggi economici e di potere usa l’uomo come manovalanza; riconosciamo di essere trattati come strumento collettore che veicola l’interesse di alcuni, molto bene travestiti di “vera bellezza”, che in realtà usano l’uomo per i propri interessi e, in quegli interessi, verità e bellezza non sono affatto di casa.

“Il vecchio mondo non era capace di intendersi senza la bellezza disinteressata… dal moderno mondo degli interessi di oggi la bellezza disinteressata ha preso congedo in punta dei piedi”: vecchio non è sempre da riporre in soffitta; il vecchio di cui si parla è da rispolverare, restaurare e mettere al centro della nostra giornata, all’inizio della nostra giornata, all’inizio di ogni nostro gesto, pensiero, istante.