Occhio alla Crisi, ma quale Crisi? Crisi di che? – 28

(Piccole Storie di Uomini).

Ci fu un tempo in cui gli uomini, abitanti alcune regioni del mondo, consumavano di tutto spensieratamente, essi si trastullavano mangiando caramelle, bistecche, pistacchi.

L’uomo fumava, mangiava e beveva, senza alcun limite.

In seguito, nella sua vita, apparvero le vetrine; allora l’uomo, preso dall’entusiasmo, iniziò a consumare anche vestiti, ornamenti, libri, affettatrici.

L’uomo viveva felice e tutte le mattine si alzava e, con entusiasmo, usciva a caccia di nuove cose da consumare.
L’uomo ormai non viveva più solo per mangiare cannoli e polpette; il suo occhio spaziava libero su immagini sempre diverse e appetitose.

L’uomo non più spinto, nel suo costruire, al diritto naturale dell’appetitus societatis (Hugo Grotius); sostenuto, non più coerentemente dall’appetitus rationi oboediant (Cicerone); venne ingoiato dalle vetrine scintillanti dove, un giorno, fece la sua apparizione “madonna tecnologia”.

I devoti furono da subito molti e, quasi immediatamente dopo, divennero moltissimi e poi ancora di più
L’uomo-incosciente iniziò quindi ad aggiungere alla sua dieta prima: televisori, poi macchine fotografiche, poi telecamere; con le automobili fece però grandi indigestioni.

L’uomo, dopo lauti e fieri pasti si sentiva sempre più pesante; allora provò ad alternare consumi di grande peso con quelli di piccolo peso, quali telefoni portatili; c’erano uomini che, per favorire la digestione, ne consumavano anche tre alla volta.

La fame di consumare si estese tra gli uomini coinvolgendo anziani e bambini. Tutti nella più completa spensieratezza, si accaparravano barche, yacht, ville al mare e in montagna.

Man mano che passava il tempo, nella mente degli uomini si fece largo la sensazione che quello che stavano facendo non andava molto bene.

Anche i capi degli uomini allora dissero, esplicitamente e solennemente, che quel modo di vivere non andava bene; bisognava consumare sì, ma i soldi per consumare erano finiti (in quest’annuncio parve subito chiara la contraddizione dei termini)

I capi di Stato dissero che era colpa degli uomini che si erano presi libertà mai concesse; dissero anche che loro lo sapevano da tempo che un giorno sarebbe successo qualcosa che avrebbe scosso quel beato tran tran.
I capi di molti Stati allora si svegliarono al tuono dell’ira di un nuovo dio che affermava di essere un dio superiore a quello che un tempo diceva di essere portatore di un nuovo ordine mondiale; si presentò come il dio del mercato globale

Era finita l’era del nuovo ordine mondiale fondato sulle bombe intelligenti: iniziava l’era della legge del mercato globale, legge che, per farsi rispettare, usa bombe ancora più intelligenti che non uccidono subito chi si oppone ma l’eliminazione del nemico avviene un po’ più tardi e in modo pulito, direi ecologico.

Vennero cancellati i confini degli stati e anche i continenti diventarono una semplice espressione geografica: e fu così che il mercato, riconosciuto come divinità, governò con giustizia e senza confini.

I capi degli Stati dissero che il nuovo dio, indicava gli uomini come colpevoli di ingordigia, e, per questa ragione, avrebbero dovuto iniziare un lungo periodo di dieta severa.

La cosa si presentò subito poco chiara. Agli uomini venne detto che non si poteva più consumare come prima ma, che se non si cominciava a consumare di più, sarebbe stato molto peggio.

Luoghi dell’antico culto vennero così convertiti al culto e all’adorazione del nuovo dio mercato. Tutti gi uomini iniziarono a recarsi al tempio a sacrificare spontaneamente al dio mercato. C’era chi sacrificava la pensione che avrebbe dovuto avere e chi sacrificava quella che già aveva. C’era chi portava le fedi nuziali, chi la catenina d’oro, chi l’anello lasciato in eredità dalla bisavola, chi la collezione di macchinine.

Malgrado le copiose offerte, il dio mercato rimaneva incavolato nero e la manifestazione di questo incavolamento era un vento gelido e impetuoso chiamato spread. Quando lo spread aumentava di intensità diventando impetuoso tutti gli uomini capivano che il mercato era super furioso e, terrorizzati, si precipitavano a portare doni al tempio; si privavano di tutto pur di propiziarsi la divinità; quando lo spread calava allora gli uomini correvano a fare la spesa.

Nei bar, negli uffici, ai giardinetti, nelle case non si parlava d’altro che di quel vento chiamato spread, capace di ingelidire corpi e anime. Anche stampa e TG non trattavano che l’argomento “spread”
A tavola il menù era sempre uguale: pane (quando c’era) e spread

Iniziò un andirivieni di capi di Stato per tutta Europa, una volta si incontravano in Francia, un’altra in Germania e così via; pensate che i capi, pur di risparmiare, se non riuscivano a prenotare il posto a sedere sul treno, facevano tutto il viaggio in piedi.

Accadde che la crisi dei portafogli investì anche loro: i capi (anche loro in fondo, in fondo erano semplici uomini), per recarsi alle riunioni non usarono più aerei di Stato, ma utilizzarono semplici voli di linea in classe economica.
Giunti all’aeroporto non vi erano più autisti di auto di rappresentanza che, con lunghi cortei li conducevano al lavoro, ma, con grande umiltà, si adattarono ad usare i mezzi pubblici per giungere non più a lavorare in un castello o in una tenuta o palazzo ma in modeste sale parrocchiali usate per le riunioni di condominio.

Per dormire si adattarono ad alloggiare in pensioni a due stelle e per il pranzo si cibarono di frugali panini portati da casa, oppure di una pizza d’asporto consumata su di una panchina
Si capisce non è più tempo di sprechi e di “cravatte”, ora si tratta di lavorare duro e basta. Siamo a un passo dalla tragedia.

Un lavoro logorante per questi grandi uomini che per prima cosa, resisi conto della gravità della situazione, rinunciarono a tutto, venduto la seconda casa, la seconda auto, la seconda bicicletta e dismesso persino l’amante e, come se non bastasse, tutto quel poco che avanzavano, dell’ormai misero stipendio che si concedevano, lo versavano nella cassa comune.

I capi allora iniziarono a prendere le prime decisioni che presero il nome di manovre. I capi manovravano singolarmente e tutti insieme; le manovre fatte insieme non riuscivano praticamente mai, così decisero che ognuno doveva manovrare per conto suo e insieme controllavano se le manovre fatte erano precise o meno.
Manovrando assegnavano compiti ad ognuno: ad alcuni uomini fu assegnato l’obbligo di sacrificare i loro beni, ad altri anni di vita, ad altri ancora l’obbligo o il dovere, ancora non è chiaro, di consumare quello che i primi, in una commovente gara di generosità, si affannavano ad offrire

Così, in pochissimo tempo, tutto fu comprensibile, finalmente i compiti erano equamente distribuiti: le grandi manovre erano iniziate!

Restava il problema di chi non aveva niente da offrire. Ampie aree del pianeta erano popolate da uomini che non avevano niente da dare. Allora I capi, facendosi interpreti del volere del dio mercato, decisero con magnanimità, che quei popoli, nello spirito di equità del nuovo ordine del mercato, invece di dare, avrebbero ricevuto e in abbondanza.

Quei popoli e quelle terre avrebbero ricevuto tutti i rifiuti possibili donati dai popoli che ne producevano in grandi quantità, in particolare sarebbero stati regalati a quei popoli i rifiuti più preziosi: quelli nocivi.
I bambini avrebbero potuto giocare liberamente su splendide montagne di immondizia e prendere a loro piacimento tutto quello che avrebbero desiderato.

In cambio di quel dono così consistente i capi decisero di accontentarsi solo di un po’ di petrolio, qualche pietra preziosa, metalli vari…

I capi decisero, in quella corsa quasi mondiale di solidarietà, di assumersi l’impegno di prendersi cura anche dei terreni fertili lì improduttivi per coltivare frutta e verdura utili per l’umile mensa dei popoli che si videro improvvisamente privati della risorsa dei rifiuti.

Se poi in quelle zone ci fosse anche un mare o un oceano, allora imbarcazioni opportunamente attrezzate si sarebbero incaricate di prelevare un po’ di pesce per tenere sotto controllo lo sviluppo delle popolazioni ittiche troppo numerose
I capi affermarono che finalmente vi era un po’ di ordine non solo sulla terra ma anche negli oceani: ordine, giustizia ed equità.

Ora nessuno lo ammette ma tra pochi anni si dirà a gran voce: “Grazie dio mercato che ci hai salvato dalla rovina”. Ora si storce il naso per qualche piccola rinuncia, ma presto tutto questo sarà un ricordo e gli uomini capiranno che se c’è qualcuno che possiede un pochino di più è perché ha grandi responsabilità verso la società, verso gli uomini.

Il duro lavoro dei capi purtroppo non si rivelò per niente proficuo, gli esiti di quella frenetica attività chiarì a tutti, capi e non, che il virus del consumismo aveva contagiato il mondo (non tutto ma quello che se lo poteva permettere, sì).
Quindi, malgrado la buona volontà di fare bene, le cose non migliorarono affatto: il dio mercato continuava ad essere incavolato nero e agli uomini non restava altro da offrire al dio che se stessi.

Qualcuno riflettendo a voce alta disse che l’offerta di se stessi non si poteva fare perché era stata fatta già molto tempo fa. Gli scienziati colsero quella riflessione e, trovandosi senza più ipotesi da verificare, iniziarono a studiare il problema sotto un altro aspetto. Dopo poco individuarono la presenza di un virus del tutto diverso dagli altri virus. Ma più ricercavano il rimedio e più si rendevano conto che non sarebbero mai riusciti a trovarlo.

Giunsero alla conclusione che quel virus visibile negli effetti era assolutamente invisibile a qualsiasi strumento scientifico, estraneo a qualsiasi legge fino ad allora conosciuta. Il dilemma si fece atroce: come combattere il nemico quando si è malati della stessa malattia di consumo errato/smodato che si vuole debellare?

Allora tutti si misero a cercare uomini che si fossero preservati indenni dal male e per quanto ci si desse da fare non si riusciva a trovare un solo soggetto integro, un solo soggetto, non malato, ma portatore quindi di anticorpi del virus.
La domanda che tutti oggi si pongono è: “Ci sarai mai, non 100 o 50, ma anche un sol uomo al mondo che ha sconfitto in se stesso il virus, elaborando anticorpi efficaci?”

In assenza di risposta, l’umanità rischia di perdere la speranza di guarire da quel mal di cuore che annebbia la vista.
Con quel poco di acutezza visiva che ci rimane conviene darsi da fare e cercare bene, dobbiamo cominciare a cercare a partire da quello che abbiamo intorno. Direi di cominciare a guardare bene a partire dalla veduta di mezza spanna.

Occhio a non perdere la speranza!