Migliorare la Propria Vista Si Può! (la scoperta dell’io) – 22

In passato abbiamo espresso varie riflessioni sulla società e sull’individuo che la compone e in qualche modo la determina, ora proporrei un’immersione nell’io. Oggi si parla di io, per dirla come il grande Totò: si parla di me medesimo.

La scelta nasce dalla considerazione che, fino a quando si parla degli altri, si parla e basta, quando si parla di sè si inizia a procedere; a volte inizia quel percorso che ha del miracoloso che sta sotto il nome di cambiamento.

Uso il pluralis maiestatis e affermo che ci siamo stufati, scocciati, annoiati, tediati di parlare di cose che ci riguardano fino ad un certo punto; che sentiamo l’urgenza di capirci, di iniziare a conoscere e capire noi stessi. Già, perché se non ci capiamo, non io con te, ma io con io, siamo nei guai… e, in effetti, siamo nei guai.

Ci rendiamo conto che cerchiamo un portone senza avere l’indirizzo, cerchiamo una persona di cui non conosciamo neppure il nome, cerchiamo un luogo, ma non abbiamo una bussola che ce lo indichi. Ci rendiamo conto che cerchiamo sì, cerchiamo sempre, ma non sappiamo cosa davvero è per noi.

Meno sappiamo cosa cerchiamo e più la ricerca si fa affannosa e, ricercando affannosamente siamo portati, senza nemmeno volerlo, ad aggredire tutti, mettere in discussione qualsiasi circostanza, criticare il tutto prima di qualsivoglia corretta riflessione.

Ci troviamo in una situazione che affermiamo di non esserci scelta (in parte può essere vero), pare che la situazione in cui ci troviamo sia la conseguenza di vicende a cui noi non abbiamo dato l’assenso, vicende non solo non volute ma subite.

A volte invece la vita la subiamo oppure la viviamo accontentandoci, rifacendoci all’antico adagio che dice che: “chi si accontenta gode”; accontentarsi = rassegnarsi.

Persone a cui piace la montagna si incontrano con persone a cui piace la montagna, dopo la gita in montagna segue qualcosa di molto interessante e piacevole e poi, dopo un intervallo di tempo, c’è di nuovo la montagna.

Molti cercano di essere protagonisti della propria vita usando la forza del carattere, altri usando la forza del lamento, altri usando la forza della debolezza ostentata, altri usando il loro sapere, altri usando una bella automobile o bei vestiti o l’abbronzatura su di un fisico atletico, altri usano la bontà e generosità, altri usano l’impegno sociale o politico.

Una cosa ci accomuna quasi tutti, mentre cerchiamo di affermare il nostro essere protagonisti della vita parliamo, parliamo, parliamo; parliamo troppo e ascoltiamo troppo poco o non ascoltiamo proprio; il nostro io poi è soffocato dalle parole, dalle idee, dai progetti, dalla cataratta virtuale.

Come fare per riuscire a riflettere su di noi, come si fa ad ascoltare il proprio io? Tanto siamo lontani da noi stessi che a volte facciamo fatica a riconoscerci per quello che siamo.

Consultare la carta d’identità aiuta fino ad un certo punto.

Posso suggerire un metodo assai artigianale, ma efficace e di forte impatto, un metodo utile per iniziare, diciamo per rompere il ghiaccio, un metodo sicuro per incontrarci senza equivoci o ambiguità.

Occorrente; prima di tutto è necessario uno strumento fortemente riflessivo e cosa, meglio di uno specchio, può aiutarci a riflettere/ci? per la buona riuscita dell’esercizio l’occorrente è una stanza illuminata e uno specchio, ovviamente è indispensabile che ci siamo anche noi, vale a dire io. Ricapitolando: stanza illuminata adeguatamente, specchio di dimensioni ragionevoli e il nostro volto.

L’esercizio è duro e ve lo dico subito perché siate preparati e non fuggiate via alla prima difficoltà o trauma che sia. Preparate lo specchio alla sera e assicuratevi che la lampadina funzioni, andate a dormire come tutte le sere, senza pensare a cosa accadrà al mattino, magari potrete distrarvi leggendo questo articolo; no, l’articolo e meglio di no, potete leggere: Artù Signore dei Britanni.

Dopo la buona notte popolata di sogni Maestosi, aprite gli occhi al mondo e dopo i necessari stiracchiamenti, recatevi distrattamente (senza che sappiate o vi diciate cosa accadrà di lì a pochi secondi); insomma, facendo finta di niente andate in bagno. L’esercizio si esegue appunto in bagno. Ricapitoliamo per non trascurare alcun dettaglio: ci si alza al mattino, si va subito in bagno, si accende la luce e si porta il viso fronte specchio, state ancora dormendo e forse non ci crederete ma quella che vedete di fronte a voi è la vostra immagine. Il pensiero che DOBBIAMO avere di fronte a quell’immagine è: “Quello sono io!”

Tale esercizio va eseguito in assenza di rumori sia che si tratti di musica, notiziari o altro; non ci si può permettere la minima distrazione.
Ci vuole silenzio e un tempo minimo che possiamo fissare, per le prime volte, in trenta secondi non di più. Il tempo breve per due motivi, il primo è che se dura di più vi potreste addormentare, il secondo è di carattere opposto se durasse di più il trauma potrebbe non essere elaborato lasciando esiti a volte irreversibili.

Non sarà un bel vedere, senza trucco, con la barba lunga, la capigliatura (per chi ce l’ha) in versione cespuglio, non distraete lo sguardo; con un po’ di coraggio in più, riuscirete ad allargare il campo visivo a tutto lo specchio. Quando ve la sentite, le prime volte sono sufficienti pochi minuti potete dire “questo sono io” se ripetete la frase cento volte alla fine vedrete che inizierete a persuadervi di essere proprio voi.

Si potrebbe obiettare che lo specchio lo si incontra comunque tutte le mattine, e anche nel corso della giornata, ed è senza dubbio vero, tutte le mattine lo specchio ci riflette ma noi non ci guardiamo e non riflettiamo a nostra volta, ci dedichiamo subito a lavarci il viso e, per farsi belli, a qualche opera di ristrutturazione, non ci rivolgiamo quasi mai allo specchio per incontrarci.

Mi raccomando teniamo ben distinti io ed ego.

Lo specchio aiuta il rapporto diretto, è un primo passo per iniziare a volersi bene così da appena svegli, così come si è, volersi bene a stomaco vuoto, ascoltare dalla nostra viva voce che cosa ci attendiamo dalla giornata che stiamo per iniziare, dirci il perché ci apprestiamo a compiere questa, a volte, immane fatica.

Può succedere che da questo incontro esca un io un po’ diverso, un po’ privo di automatismi, un io assetato di novità che quel viso che incontriamo aspetta magari da anni. Una domanda segue il primo incontro con me nel nuovo giorno: la vita cosa vale? La mia vita cosa vale?

C’è solo la fatica del giorno che mi aspetta, magari compensata da una cena o uno spettacolo, c’è solo la fatica del giorno, del mio giorno, compensata da un dolcino?

Forse alla mia vita occorre altro, forse la mia vita ha bisogno di essere arricchita. Lo specchio che riflette la nostra immagine incontrata all’inizio della giornata può rappresentare il paradigma di una visione della realtà non ancora alterata dal nostro intervento.

Se si avverte un po’ di disagio a stare di fronte a noi stessi possiamo considerare che l’esperimento comincia a dare i suoi frutti; se l’immagine che vediamo non ci dice niente di veramente interessante possiamo partire per la nostra giornata con il cuore disponibile e lo sguardo attento a cogliere, rapire, tutti i gesti di bellezza incontrati.

Messi insieme quei gesti, fatti propri quegli istanti, portate in noi quelle immagini diventano strada, la nostra strada; soddisfare la sete di vero e di bello diventerà lo scopo, il motivo, la ragione del nostro amare cambiando alla radice ogni nostro modo di agire.

Anch’io divento più bello ogni giorno che passa, lo dice lo specchio e quelli che mi incontrano. Il mondo cambia così, solo così può cambiare il mondo, e il mondo ha bisogno di cambiamento proprio come ne abbiamo noi.