L’Occhio che Spia Trasmette i Segreti in TV ovvero il Grande Fratello – 21

Vorrei citare quelle che potrebbero essere le nobili origini dello spettacolo, oggi in auge sia per ascolti che per quantità di denaro che sposta. Lo spettacolo della realtà che si fregia del titolo “grande fratello”.

Cito due esempi del passato che ritengo utili da ricordare per la loro profondità profetica; due esempi culturali di grande spessore.

Quanto descritto allora, già in forma densamente drammatica, oggi lo si utilizza in forma allegorica per far soldi, senza doversi compromettere con alcun aspetto culturale che non sia il nulla, quel nulla che invade ogni spazio arrivando a inglobare anche parte dell’importante protagonista della propria esistenza che è l’io.

La prima citazione è quella del libro titolato “1984” scritto da George Orwell. Nel racconto si descrive il controllo dei cittadini da parte della dittatura al potere il cui occhio elettronico non li perde mai di vista. Il grande fratello ha lo scopo di condizionare il libero arbitrio dei cittadini; rendere l’uomo privo della sua libertà. L’uomo spiato non è più libero di esprimere se stesso, non cerca più di realizzare i suoi ideali religiosi e sociali, ma è tutto dedito a compiacere il potere da cui dipende la sua sopravvivenza fisica e morale.

Se l’uomo decide di seguire le proprie idee sa che pagherà la sua scelta con persecuzioni, anche pesanti, ogni suo gesto espressivo diverso da quello consentito dalla norma che regola finanche la modalità di rapporto con Dio, con l’amore umano, la giustizia sociale e l’arte. Tema di quest’opera è la libertà dell’uomo minacciata dal potere politico.

La seconda citazione è quella del famoso film “The Truman Show” del regista Peter Weir. In questa storia l’allarme squilla per mettere tutti in guardia dall’invadenza consumistica guidata dalla tv atta a condizionare le scelte di ognuno in modo subdolo. L’occhio elettronico svolge egregiamente la sua funzione rendendo tutti attori, tutti guidati ad arte allo scopo di far impinguare le tasche dei registi/commercianti.

Il protagonista del film, nato da una gravidanza indesiderata, vive la sua vita in un paese situato su di un isolotto. Nel film egli è più o meno trentenne, è spiato ovunque e in ogni istante da telecamere; tuttavia è l’unico a non sapere di essere sorvegliato, tutti gli abitanti sono attori e il paese è un immenso set cinematografico.

Il protagonista ha terrore dell’acqua ed abitando su di un isola mai pensa a quello che può stare al di là dell’acqua che lo circonda; vive sereno con genitori finti, fidanzata finta, amici finti, colleghi di lavoro finti, ecc.

Lo spettacolo, seguito in continuazione da una moltitudine di telespettatori, veicola pubblicità di ogni tipo di prodotto esistente al mondo per i quali gli sponsor non mancano.

Qui l’uomo è soggetto ad una violenza ancora maggiore: è privato dal di dentro della conoscenza della libertà, i suoi sentimenti sono ricambiati da falsità, ha perso addirittura la consapevolezza di se stesso.

Se non sbaglio, alla fine, si salva l’amore, colei che per finta era l’amata si conferma voler essere l’amata di Truman anche quando egli, superate le sue fobie, riesce a sfuggire alle telecamere. Tema è la libertà dell’uomo minacciata dal consumismo spettacolo o dallo spettacolo consumista.

Si tratta di due scopi diversi, politico e commerciale che utilizzano lo stesso metodo: quello di privare l’uomo della sua intimità.

Ecco che noi oggi assistiamo ad una operazione commerciale di sicuro successo. Funziona così: si prendono due esempi come quelli citati, li si spiuma di ogni tipo di valore, di idea, di ideale, di giudizio sulla realtà, risparmiando solo gli aspetti utilitaristici.

Si prende quello che è rimasto (praticamente niente) e lo si infarcisce di sesso e pettegolezzi che, se sono di bassa lega, vanno ancora meglio.

I sentimenti, però, ci devono essere: allora si dà un po’ di risalto a pianti e sfoghi di rabbia (se scappa qualche parola pesante è ancora meglio, lo spettacolo se ne giova) conditi da abbracci di intensa solidarietà.

Amicizia e amore diventano spettacolo, risultano dispersi origine e significato; i sentimenti così mortificati vanno benissimo per diventare un “prodotto”: magari in futuro assisteremo in diretta anche ad una gestazione seguita da nascita di neocomparsa. Le emozioni prodotte da sentimenti profondi diventano merce e noi, poveri esseri umani, ormai privi della nostra identità ce ne facciamo grandi abbuffate.

Tutti gli spettatori sono coinvolti in questa “bellissima” sfida; tutti sono invitati a partecipare, basta qualche euro e puoi vedere tutto quello che succede in diretta e a tutte le ore del giorno e della notte e, con qualche euro in più, puoi persino dire la tua.

Poche cose hanno la capacità di intristirmi, una di queste è il grande fratello di oggi. L’aggettivo “grande” è corretto perché invade tutto il tempo sia televisivo che extra televisivo; grande perché i soldi che fa girare sono davvero tanti; grande perché occupa la grande voragine lasciata libera da sentimenti considerati oggi passati di moda.

Del “fratello” ne parleremo in un’altra occasione.

Togliendo le luci dello spettacolo, mi sembra di ricordare i giochi che facevamo da piccoli, quei giochi di simulazione del mondo dei grandi a cui noi sognavamo di partecipare; si poteva essere guardie o ladri, indiani o cowboy, negozianti o clienti, casalinghe o mamme, predoni o esploratori.

Facendo finta, i bambini, giocano seriamente, mettendo a volte in luce comportamenti di adulti tutt’altro che impeccabili. Faremmo bene a osservare i bambini che giocano e cercare di imparare qualcosa di importante per un nostro cambiamento.

I bambini giocano; anche se da soli, sono sempre molto impegnati nel loro agire; i bambini non giocano mai per gli altri, per esibirsi; con la massima serietà si proiettano nel mondo dei grandi.

Gli adulti invece usano qualche milione di euro e si costruiscono gli oggetti del loro gioco (come facevamo noi costruendo il fortino, con bastoni a mo’ di armi, il negozio, pezzi di carta che diventavano soldi, castelli abitati da teste coronate con la striscia di cartone del vassoio dei pasticcini) abitazioni da favola alle quali i più non sono affatto avvezzi.

Confesso che non conosco la dinamica del gioco che, fuori di ogni dubbio, esperti del settore avranno illustrato in tutti gli entusiasmanti particolari.

Mi è capitato di seguire solo alcuni minuti alla tv, in cui una folta platea, rappresentata da alcuni sapienti di dinamiche umane, discutono di quella frase detta in quel modo, frase probabilmente non capita e la reazione dell’altro molto scorretta o del tutto giustificata.

Trasmissioni che durano diverse ore diffuse a tutte le ore del giorno, emesse da diverse stazioni televisive. Gli attori giocano a fare gli amici, poi a fare gli innamorati e gli spettatori, tutti completamente coinvolti, guardano, commentano e sentitamente partecipano… incredibile ma vero.

Mi chiedo quale gigantesca liberatoria sulla legge che tutela la privacy abbiano dovuto firmare sia gli autori che i protagonisti.

L’occhio non ha altro da guardare? Quell’occhio che guarda, che trasmette emozioni, sollecita il cervello a pensare? Mi chiedo, considerato che oggi è difficile salutare il vicino di casa, aiutare una persona che si sa che ha bisogno; considerato che ci è poco chiaro che cosa vogliamo noi realizzare nella vita, non sarebbe meglio dedicare la nostra attenzione a qualcosa che abbia almeno un po’ di attinenza con la nostra esistenza?

Mi sembra impossibile che sia una nostra esigenza, anche di godimento, occuparci di persone che fanno finta di non fare finta? Ma se, il fare finta di non fare finta rappresenta la nostra autentica espressione, allora siamo proprio messi male, anzi malissimo.

Si finisce di far finta di non fare finta anche quando pensiamo; così il gioco è fatto, passa per vero e desiderabile, oppure, vero quindi desiderabile anche un prodotto commerciale.

Quel prodotto non è nemmeno una fregatura, non è nemmeno quel super cronografo che ha una cassa d’acciaio e un quadrante disegnato comprese le lancette; i tasti sulla ghiera finti, li premi e non succede niente. Almeno quell’orologio segna l’ora.

Gli attori in studio, che sarebbe “la casa” (casa: modesta definizione, fosse stata di due camere e cucina sarebbe stata più realistica, e poi con tre telecamere non sarebbe sfuggito nulla) sono quasi tutti seri, i meno finti, facendo finta fanno vedere di divertirsi.

Sinceramente ero convinto che già dalla prima edizione lo spettacolo si rivelasse un fiasco e invece ne sono seguite diverse altre, sempre più costose e invadenti. Devo ammettere di essermi sbagliato, non avevo considerato l’aspetto pruriginoso; credevo che trigare sotto le lenzuola e in ogni dove, fosse stuzzicante per i protagonisti e non per coloro che guardano.

Guardare, curiosare e commentare attira molti poveri di fatti loro; poveri forse anche nella qualità dei fatti propri; forse si sono allontanati, senza accorgersene, dai fatti propri. La lontananza dai fatti propri è tale da non essere più nemmeno a portata di vista; allora ci vorrebbe qualcuno che aiuti a ritrovarli e a capire di cosa si tratta.

Accade che l’io, la bellezza dell’uomo, si confonda e smarrisca con altre merci esposte sugli scaffali degli IPERmercati. Accade che si senta in se stessi la necessità di cercare lì modelli vincenti, bellezze da imitare; la necessità di trovare il prodotto giusto diventa urgenza quando si teme che il gruppo possa metterci alla porta…

Dicono che è tutto vero, ebbene sì, purtroppo, è tutto drammaticamente vero.

Qui siamo oltre la cataratta virtuale; la stoffa spessa e nera copre la bellezza di ognuno; la bellezza qui è un’idea molto buona, anzi ottima ma per far soldi. Le conseguenze? Ve le lascio immaginare e non abbiate paura, quello che pensate non è affatto esagerato.