Diversa Percezione

Stavo leggendo la home page di Occhio quando l’attenzione è stata catturata da un articolo del febbraio 2009 dedicato agli ipovedenti e non vedenti.

blindman

Immediatamente ho riflettuto sul concetto di percezione pensando a come, a volte forzatamente, la conoscenza del mondo che ci circonda si sposti dal piano visivo a quello tattile, uditivo, renda le persone coinvolte maggiormente reattive (nel senso buono) e profonde.

Ho un caro amico diventato non vedente a causa di una malattia, che mi stupisce ogni volta con la sua prontezza, la sua incredibile capacità di leggere l’animo delle persone. Ascoltando il suono delle voci è in grado di coglierne ogni minima incertezza, ogni vibrazione che denota un preciso stato d’animo, che sfugge anche al diretto interessato.

Bypassando lo strumento ottico è in grado di osservare in profondità e di riconoscere dettagli di noi. La nostra voce tradisce l’ansia o la preoccupazione così come la gioia ed una sua semplice domanda ci obbliga a prenderne atto. Portando i sentimenti allo scoperto.

Tempo fa avevo letto di un esperimento, la creazione di un ristorante gestito da non vedenti ed aperto però a tutti dove, nel buio totale, si veniva guidati al proprio tavolo e via via “istruiti” su come agire in questa determinata situazione. Un’esperienza sicuramente forte che oltre ad insegnare fisicamente cosa si prova ad essere immersi nell’oscurità, può far capire come mettersi in gioco diversamente, abbandonandosi ad altre possibilità percettive, andando oltre la fase di pura analisi visiva.

A Torino c’è la possibilità di fare un’esperienza abbastanza simile al Museo della Sindone (via San Domenico 28) dove esiste una statua che riproduce fedelmente le fattezze dell’Uomo della Sindone “tradotte” però per i non vedenti. Anche se qui non siamo immersi nel buio, potremmo comunque provare a chiudere gli occhi concentrandoci unicamente sul senso del tatto, affidandoci alle sensazioni che le nostre dita ci inviano, consentendoci di ricostruire interiormente le immagini.

Ascoltando cosa ci dice la nostra pelle, accorgendoci delle migliaia di “sensori” di cui è disseminato il nostro corpo e che diamo per scontati. Li abbiamo parzialmente disattivati ma fanno parte di noi, ci aiutano a non delegare tutto all’apparenza.

Ci offrono l’opportunità di ascoltarci nel profondo, un po’ come dicevo nell’articolo sul Terzo Occhio (febbraio 2009) chiudendo gli occhi possiamo portare a galla percezioni differenti.

Oltre al discorso filosofico penso che venire a contatto con una descrizione della realtà diversa da quella a cui siamo abituati possa essere un passo che ci aiuta a ridimensionare i nostri problemi, a guardarci senza considerarci più sfortunati o più fortunati di altri.

Un altro tassello che si posiziona nel nostro puzzle di esseri umani e che può renderci più completi come individui.