DiSturbiVisivi – 15 – Bellezza: E-mozione non distrazione

Nel nostro piccolo mondo è facile perdere entusiasmo e fiducia; ci si ritrova, senza accorgersene (e se ci si ritrova è sempre un fatto enormemente positivo, molto spesso non ci si ritrova neppure) rinchiusi in se stessi: un minuscolo angolo, uno pseudo rifugio dove, nell’isolamento più totale, si crede di essere al sicuro; ma quello non è un luogo sicuro bensì una trappola dove il mondo cucina l’individuo a suo piacimento, secondo i suoi gusti e le sue necessità.

Da dove può venire la forza che accende l’entusiasmo e la fiducia per venire fuori dal buco? Come si può recuperare la fiducia, quando i sussurri suadenti dell’inganno già ti hanno fregato diverse volte? Come si fa a recuperare i connotati del proprio vero bisogno. quando la tua meta si è sensibilmente ridimensionata, fino al punto di essere impegnato unicamente nel cercare di sopravvivere? E quando ti sei persuaso, dopo aver affrontato senza successo fatiche enormi, che non vale la pena di correre rischi, come quello di far uscire allo scoperto il tuo vero io?

Solo l’incontro con la bellezza può dare questo coraggio. Quando è la bellezza ad illuminare il cammino; quando è il suo fascino a farci conoscere la verità – anche se siamo i più timidi della terra – l’entusiasmo per il vivere si impossesserà di noi e mai più potremo essere ingannati dai falsi d’autore.

La bellezza ci dà una salutare scossa che ci scuote dal torpore di una vita priva di novità, incapace di suscitare il sorriso nel cuore, non più capace di possedere la forza dell’amore che è invece travolgente e irresistibile.

Quante poche persone si uniscono (parlo del volontariato, cosa bellissima a differenza del vocabolo che, dal tanto abusato, ormai il sentirlo mi provoca l’orticaria) perché si riconoscono capaci di un amore tanto grande da poter abbracciare il tutto; quanti pochi rapporti vivono e crescono senza soffocare l’amore con la brama di possesso; quante poche persone crescono a tal punto da diventare capaci di amare l’uomo fino a spendere totalmente la propria vita per alleviare il suo dolore fisico e morale; quante poche persone desiderano farsi compagni dell’altro fino a condividerne il dolore?

È più facile amare ciò che, essendo privo di identità, non esprime il suo io; è facile amare la bellezza della propria casa “tranquilla e calda”, del proprio compagno di vita sempre disponibile, dell’amico che non pone problemi, del parente che asseconda ogni nostro desiderio. È più facile amare tutto questo, ma da quest’amore minuscolo cosa ne viene?

Il frammento di cui si parlava la volta scorsa è l’elemento di vera bellezza che unisce, nella coerenza, i tanti frammenti che costituiscono il tutto.

Forse questo concetto si può capire quando si fa l’esperienza di un grande amore, in quella circostanza all’uomo appare chiara la coerenza dell’universo intero, non vi è nessuna obiezione in grado di mettere in discussione quell’amore.

L’ambiente in cui viviamo tutti è ricco di distrazioni, il termine distrazione indica allontanamento (dis) e trarre, tirare: letteralmente siamo tirati lontano da noi; con estremo vigore ci troviamo spinti, allontanati dal nostro vero bisogno. La forza della distrazione è potente; immagini, suoni, odori, producono in noi effetti difficilmente controllabili.

La bellezza incontrata provoca in noi, non una distrazione ma un’emozione che rimanda ad altro, che rimanda a quel tutto dal quale, quella bellezza, trova origine. Emozione è una parola di origine latina e indica anch’essa una spinta; genera movimento: “emòtus” e = fuori, motus = muovere.

Ci aiuta rispolverare il significato dei termini che usiamo, recuperiamo l’origine e il vero senso delle parole che usiamo. A volte l’abitudine ci conduce a dare significati incompleti o errati ai termini che usiamo esprimendo o intendendo pensieri diversi tra interlocutori.

Distrazione ed emozione sono due esperienze che generano moto; la prima verso direzioni sempre variabili, la seconda spinge a percorrere una strada sempre seguita e arricchita dall’esperienza del vero.

Non è vera emozione quella che, una volta cessata, lascia la persona nello stesso stato di prima; se l’emozione non produce crescita io parlerei di distrazione: parentesi in cui ci si dimentica del proprio stato, qualunque esso sia, per poi ritornarci qualche tempo dopo. Nel tempo della distrazione possono accadere inutilmente tanti fatti importanti e decisivi per la vita dell’uomo.

Spesso mi è capitato di partecipare o assistere a discussioni vivaci, a veri e propri diverbi dove si contrapponevano concetti uguali espressi con termini diversi, ogni tanto un attimo di lucidità (quando c’è) fa dire: “Non ci intendiamo, non riusciamo proprio a capirci!”. Gli interlocutori sono talmente distratti dalla propria idea che non riescono a comprendere le parole dell’altro

Tra l’essere distratti dalle proprie idee ed essere provocati ad uscire fuori dal nostro io trasformato in ghetto, per incontrare l’altro da noi, c’è una differenza abissale. Chiedo scusa per l’eccesso di, semplificazione, ma è un mezzo assai efficace per rendere chiari e concreti atteggiamenti che, altrimenti, rimarrebbero astratti.

La distinzione tra distrazione ed l’emozione ci fa capire come spesso, cercando e nutrendoci (quando possibile) di distrazione o di pseudo emozioni o emozioni effimere, la nostra statura umana subisce un aumento che varia da un millimetro a zero; tutti i millimetri acquistati vengono persi, l’istante successivo all’elevazione, nella misura di due per uno (è una legge matematica).

La pseudo emozione infatti giunge “inaspettata” (oooh!!!, esclama il soggetto che ne è colpito) compie il suo effetto, ci agita e ci entusiasma , ci smuove e, finito il sommovimento, cessato il sussulto, leggermente o fortemente sconquassati ci ritroviamo al punto in cui l’emozione ci ha colto, sprofondati di qualche centimetro in più.

La forza per combattere le distrazioni e permettere alle emozioni di farci uscire dal minuscolo angolo dove ci siamo rinchiusi credendo di essere, se pur isolati, al sicuro; sta nel corretto uso della vista. Il nostro percepire provocato dai sensi tra i quali, come “senso di prima linea” la vista, muove il cuore generando azione; il nostro vedere ci provoca a muoverci.

Tutti, escludendo gli apatici, seguono la traccia della bellezza. La bellezza vera è quella che non ha bisogno di cancellare qualcosa per esprimere tutto il suo valore, anzi rende significato a tutti gli aspetti del nostro vivere. La bellezza finta invece, per esistere, chiede di escludere qualcosa: è così oggi escludi una cosa, domani un’altra poco dopo attorno a te e dentro di te non c’è più niente… vuoto assoluto.

Riconoscere la bellezza e vivere il più possibile nella verità, ci dà entusiasmo e fiducia, ci provoca senza sosta a vivere una vita degna di essere vissuta, ci spinge a seguire la strada della bellezza dove ogni particolare si aggiunge all’altro svelandoci pian piano il tutto e il suo senso.

La bellezza che il mondo ci propone diventa vecchia e morta praticamente subito, le persone ripetono gesti e comportamenti sempre uguali. La bellezza che ci offre il mondo provoca la noia. Donne bellissime dopo un istante fanno sbadigliare; si rivelano insignificanti; impossibile conversare se non si è disposti ad ascoltare concetti del tutto prevedibili: che fare quindi per rendere la relazione interessante? Ho fatto l’esempio al femminile ma, suppongo, essere lo stesso per il genere maschile.

A volte faccio un gioco, provo a prevedere il comportamento e le risposte del mio interlocutore, non credo di essere particolarmente dotato, ma indovino quasi sempre gesti e parole; questo mondo è diventato piatto e prevedibile anche quando fa chiasso. Il chiasso del mondo lo interpreto come moto di ribellione alla gabbia nella quale l’uomo è stato (o, si è) cacciato.

Fuggire dalla gabbia: questo cerca di fare l’uomo d’oggi; un suggerimento: non fuggire dalla gabbia ma, semplicemente, uscire dalla gabbia. Indossiamo le lenti giuste e senza fare rumore individuiamo la porta giusta e prendiamo il largo seguendo la bellezza che non annoia mai e mai diventa vecchia.

La vita ha a che fare con noi, noi siamo un particolare che porta in se il tutto; il particolare e il tutto ha in comune la stessa matrice di bellezza. La bellezza di cui parliamo è un infinito nel quale essa non avvizzisce mai e l’occhio dell’uomo che la sa osservare non esprime apatia ma vita: entusiasmo, gioia e fiducia che non teme tradimenti.

La vita nella bellezza gode della gioia della fertilità, la vera bellezza non è sterile, da la vita e genera vita; nella bellezza vera non c’è traccia di morte, non c’è morte necessaria o inevitabile: la bellezza riconosce la vita, contempla la vita.